Come individuare possibile ICO fraudolente?

Sono questi i segni di una ICO potenzialmente fraudolenta: sviluppatori che preferiscono rimanere nell’anonimato, mancanza di un portafoglio garantito e obiettivi irrealistici o poco chiari sono spesso gli indizi più semplici da individuare.

Negli ultimi anni la comunità del mondo delle criptovalute ha dovuto affrontare un gran numero di ICO fraudolente. Esistono alcuni chiari campanelli d’allarme che accomunano gran parte dei progetti ingannevoli, che permettono di stare alla larga da aziende potenzialmente pericolose se individuati per tempo:

  • Gli sviluppatori del progetto preferiscono rimanere anonimi, oppure sono individui sconosciuti a gran parte della comunità. Se gli organizzatori di una ICO non hanno il coraggio di mettere in gioco la propria reputazione, è probabile che stiano architettando una truffa.
  • Assenza di un portafoglio garantito dove depositare i contributi. Se il proprietario del progetto possiede tutte le chiavi di accesso alle donazioni, in futuro nulla gli impedirà di fuggire via col denaro.
  • Obiettivi irrealistici o poco chiari. Se una ICO non presenta fin da subito una tabella di marcia realistica e ben definita, nel migliore dei casi i gestori del progetto non hanno le idee molto chiare su come comportarsi. Nel peggiore dei casi, invece, si tratta di una palese truffa.
  • Mancanza di trasparenza. Oggigiorno mostrare le tappe raggiunte durante la produzione di un prodotto, anche se ancora incompleto, viene considerata quasi una regola dell’industria. Se gli sviluppatori non rilasciano regolarmente frammenti di codice, versioni di prova del prodotto, video dietro le quinte ed altre prove concrete dei propri progressi, è probabile che non abbiano nulla da mostrare.

Se vi imbattete in una campagna ICO che presenta anche solo uno dei segni riportati qui in alto, è meglio evitare di investire in essa.

Cosa impedisce ai proprietari dei progetti di fuggire con i miei soldi?

Purtroppo esistono poche normative al riguardo, ed i governi non offrono quasi alcuna garanzia. Fortunatamente al giorno d’oggi gran parte delle aziende intenzionate a lanciare una ICO si impongono anche delle regole ben precise, così da poter ispirare maggiore fiducia negli investitori.

Le primissime ICO erano pressoché improvvisate, con poche garanzie a tutela degli investitori. Ben presto i proprietari di startup operanti nel mercato delle Blockchain si resero conto, che senza leggi imposte dal governo, era loro compito istituire una serie di norme al fine di ispirare maggiore fiducia nella comunità e, di conseguenza, garantire un’entrata sufficienti di fondi.

Questo ha portato nel tempo all’introduzione di una serie di restrizioni auto-imposte. Eccone ad esempio alcune:

  • Depositare i contributi all’interno di portafogli garantiti. Per poter ritirare del denaro da tali fondi, gli organizzatori della campagna ICO necessitano di una serie di chiavi di accesso. Una di queste chiavi viene solitamente custodita da un operatore di terze parti affidabile e non coinvolto in maniera diretta nello sviluppo del progetto.
  • Istituire un organismo legale per la compagnia e stilare una serie di termini e condizioni per la propria ICO.

Diamo ad esempio un’occhiata alla ICO pianificata da Humaniq, un ottimo esempio di campagna ben organizzata. Un Whitepaper ed una tabella di marcia estremamente dettagliati, obiettivi del progetto ben definiti, opinioni positive da parte di rinomati esperti nel settore ed un gruppo di sviluppatori che non ha paura di rivelare la propria identità: tutti segni di una campagna legittima.

Dove posso informarmi sul lancio di nuove ICO?

Esistono un gran numero piattaforme dedicate a rendere il processo di scoperta e adesione ad una campagna ICO il più semplice possibile, come ad esempio Waves, ICO Bazaar oppure il nostro Calendario ICO.

In passato molti progetti basati sulla tecnologia Blockchain hanno lanciato le loro ICO sui propri portali in rete. Questa pratica viene considerata poco ottimale nella maggior parte dei casi, in quanto limita l’esposizione al pubblico della campagna: non è affatto semplice riuscire a pubblicizzare un progetto basandosi unicamente sui propri sforzi.

Ecco perché negli ultimi anni sono nate un gran numero di piattaforme che si occupano di aggregare le ICO di varie startup, un po’ come ormai da molto tempo Kickstarter o Indiegogo fanno per i progetti non basati sulla tecnologia Blockchain. Ironicamente, alcune di queste piattaforme sono state finanziate proprio grazie ad un’iniziativa ICO, come ad esempio Waves, ICONOMI o State of the Dapps.

Cos’è una ICO per me?

La partecipazione ad una ICO comporta potenzialmente parecchi benefici. Da una parte ovviamente si aiuta l’azienda a lanciare con successo il proprio prodotto, ma dall’altra è anche possibile ricavare un considerevole profitto vendendo i propri cripto-token ad altri utenti.

Proprio come gli utenti di Kickstarter, l’obiettivo principale di ogni partecipante ad una ICO è di aiutare a finanziare un progetto considerato interessante o accattivante. Non è tuttavia da escludere la possibilità di trarre da questo processo un profitto non indifferente.

Il più delle volte, i cripto-token rilasciati duranti una ICO vengono venduti ad un prezzo fisso in Dollari o Bitcoin. Questo prezzo, solitamente parecchio basso, non è sostenuto da nulla se non dalla fiducia riposta dalla comunità dei confronti del team del progetto, che si impegnerà a rilasciare in futuro un prodotto completo e di qualità. Al termine del processo di sviluppo, il valore dei token viene invece garantito da un prodotto reale e funzionante, che porta nella maggior parte dei casi ad un forte incremento dei prezzi. Quando questo accade i finanziatori originali possono decidere di vendere i propri token, traendone un significativo profitto.

Ad esempio, durante la ICO di Ethereum nel 2014, i token venivano venduti ad un prezzo che si aggirava tra i 0,30 ed i 0,40 dollari. Al lancio della piattaforma vera e propria nel luglio del 2015, il valore di ogni token è aumentato considerevolmente, raggiungendo la vetta dei 19,42 dollari. Alcuni finanziatori fortunati hanno quindi ottenuto un ROI di oltre il 6000 percento.

Bisogna tuttavia tenere presente che i profitti non sono garantiti. Una campagna ICO potrebbe ad esempio fallire, ed in quel caso è possibile che i contributi vengano essere rimborsati ai legittimi proprietari. Ma anche in caso di successo, non è detto che gli sviluppatori riescano a realizzare un prodotto finale di qualità, impedendo di conseguenza l’incremento del valore dei token. Sono questi i rischi che bisogna affrontare ogni qualvolta si decide di finanziare un progetto.

Cos'altro è possibile fare con i cripto-token delle ICO?

Dipende dallo specifico progetto: a volte ai token sono legate funzioni aggiuntive.

Un utile esempio da poter analizzare in materia è il progetto Storjcoin, organizzato da Storj.io durante la propria ICO. Storj.io è una startup che si occupa di archiviazione decentralizzata in cloud: una volta rilasciato il servizio, gli utenti avevano sia la possibilità di scambiare le proprie Storjcoin con altre valute che di utilizzarle per acquistare ulteriore spazio di archiviazione sulla piattaforma. Altro caso celebre è quello di Ethereum, piattaforma per lo sviluppo decentralizzato di applicazioni di vario genere. Il token dell’azienda si chiama Ether, e viene utilizzato attivamente all’interno delle applicazioni realizzate grazie alla piattaforma.

Come dimostrato da Ethereum, i token ICO possono essere utilizzati in un gran numero di modi: lo spettro dei possibili impieghi dipende unicamente dalla portata del progetto.

Che differenza c'è tra IPO e ICO?

Esistono indubbiamente dei parallelismi tra il concetto di Initial Public Offering e ICO. I due modelli presentano tuttavia alcune sostanziali differenze..

Innanzitutto le azioni di una compagnia, rilasciate durante una IPO, denotano sempre una certa percentuale di possesso dell’azienda. Questo in genere non accade nel caso dei cripto-token venduti al pubblico attraverso una ICO, anche se esistono alcuni progetti dove l’investimento di una più alta quantità di token denota anche maggior potere decisionale all’interno della compagnia. Il più delle volte i token rappresentano semplicemente una certa quantità di una valuta, che può essere scambiata per altre monete o inviata ad altri utenti.

L’altra sostanziale differenza è che le IPO vengono severamente regolamentate dal governo. Questo costringe le aziende che desiderano adottare tale modello ad affrontare una burocrazia snervante e macchinosa prima di poter rilasciare le proprie quote al pubblico. Ciò ovviamente implica severe conseguenze giuridiche in caso di mancata osservanza delle regole. Al contrario, la scena del crowdfunding nel mercato delle criptovalute è incredibilmente recente, non ancora regolamentata dalla maggior parte dei governi. Qualsiasi progetto può pertanto avviare la propria ICO con estrema semplicità, in qualsiasi momento e senza dover rispettare particolari condizioni; al tempo stesso chiunque può partecipare contribuendo con i propri fondi, indifferentemente dal paese di appartenenza. Un ambiente tanto liberale implica interessanti novità rispetto alle IPO tradizionali, ma anche nuovi rischi.

Ci sono state molte ICO di successo?

Si, esistono parecchi esempi al riguardo

Il primo progetto rilasciato seguendo il modello ICO fu Mastercoin, che nel 2013 riuscì ad assicurarsi ben 5 milioni di dollari in Bitcoin grazie alla vendita dei propri token. Da allora molte altre aziende hanno adottato il medesimo schema, come Ethereum nel 2014 o Waves nel 2016, raccogliendo rispettivamente più i 18 e 16 milioni di dollari.

Il modello ICO si è dimostrato una maniera efficiente ed efficace di avviare un progetto basato sulle criptovalute, a condizione che esista un’effettiva domanda per il prodotto ed un solido team a supportarlo.

Cosa è una ICO?

Una ICO è una tipologia di progetto in crowdfunding, emersa recentemente nell’industria delle Blockchain e delle criptovalute.

Le Initial Coin Offering, o ICO appunto, sono eventi organizzati da alcune aziende allo scopo di promuovere e sovvenzionare il lancio della propria criptovaluta. Generalmente viene rilasciato sul mercato un certo quantitativo di cripto-token, venduto ad un pubblico ristretto di solito in cambio di Bitcoin o altre criptovalute, ma raramente anche per denaro fiat.

Così facendo, da una parte l’azienda ottiene il capitale necessario a finanziare lo sviluppo del prodotto, e dall’altra il pubblico interessato al progetto guadagna una certa quota di cripto-token. Gli utenti possiedono pienamente tali quote, e possono utilizzarle come meglio credono.