La prima richiesta di un Exchange-Traded Fund (ETF) spot su Bitcoin, presentata nel luglio 2013, è stata respinta sia nel 2017 che nel 2018. Da quella richiesta iniziale è passato un decennio: la Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti ha rifiutato oltre una dozzina di ulteriori richieste e ripetutamente rinviato la data per decidere su altre.

L'ultimo episodio della saga degli ETF ha visto BTC balzare di oltre il 6%, mentre i sostenitori del settore festeggiavano una sentenza del tribunale che affermava ciò che, in fondo, già sapevamo: il rifiuto da parte della SEC della richiesta di ETF di Grayscale era "arbitrario e irragionevole." A ciò ha fatto seguito, naturalmente, il rinvio da parte della SEC della decisione su tutti e sette i Bitcoin ETF in attesa di approvazione, con un conseguente calo del prezzo.

Ora aspettiamo che la SEC decida la sua prossima mossa, e che Grayscale richieda nuovamente l'approvazione.

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Un Bitcoin ETF potrebbe essere utile nell'ottica dell'adozione di massa. Nell'industria degli ETF – dal valore di 7.000 miliardi di dollari – vi sono infatti numerosi investitori ancora lontani dal settore crypto, in attesa di un prodotto che garantisca loro un'esposizione a Bitcoin senza dover acquistare direttamente l'asset e creare un wallet. Inoltre, dato che la crypto-community ha lottato a lungo e duramente per far sì che gli asset digitali venissero presi sul serio, il mondo delle criptovalute è incline ad accogliere con favore il riconoscimento che un ETF spot statunitense rappresenterebbe.

Ma le criptovalute – e in particolare Bitcoin – si basano sulla necessità di un sistema finanziario alternativo, che garantisca la sovranità finanziaria, la trasparenza e il consenso: elementi che mancano in modo evidente alla finanza tradizionale (TradFi). L'impazienza dell'industria crypto per l'approvazione di un ETF da parte della SEC sembra, quindi, un passo indietro.

"$BITO ha sottoperformato $BTC del 28% da inizio anno a oggi. Ecco perché abbiamo bisogno di un Bitcoin ETF spot."

L'adozione di massa è un obiettivo diffuso tra i sostenitori delle criptovalute, e l'approvazione da parte della SEC di un prodotto basato su BTC che abbia risonanza con la TradFi è una soluzione rapida per raggiungere tale traguardo. Ma lottare per ottenere l'approvazione di un'agenzia centralizzata e non trasparente per un prodotto d'investimento intermediato contraddice le finalità del nostro settore. E, francamente, non è necessario.

Fa sorridere come gli investitori più prudenti stiano aspettando il lancio di un Bitcoin ETF, piuttosto che prendere la strada più sicura dell'acquisto diretto di BTC. Gli ETF presentano molti livelli di rischio di controparte, tra cui sponsor, depositario e altri partner. Abbiamo visto quanto questo tipo di rischio possa essere catastrofico nel settore delle criptovalute: in seguito al collasso di FTX, gli utenti hanno perso oltre 10 miliardi di dollari in pochi mesi perché si fidavano di parti terze. Anche se il pericolo di contagio sembra essersi attenuato, la conseguenza principale rimane: se non disponete delle chiavi private dei vostri bitcoin, i vostri asset non sono sotto il vostro controllo.

Chi di noi ha assistito da vicino alle conseguenze del disastro lo sa bene, ma gli investitori che aspettano in disparte un ETF probabilmente no. È nostro compito, in quanto costruttori e veterani del settore, aiutare i nuovi arrivati a comprendere il nuovo grado di sicurezza e di avversione al rischio che la tecnologia Bitcoin consente.

L'aspetto negativo di un Bitcoin ETF spot va oltre la contraddizione concettuale e l'acquisto inconsapevole di un investimento più rischioso. Il costo potenziale per la community crypto è immenso.

Prendiamo ad esempio l'iShares Bitcoin Trust di BlackRock, il cui annuncio ha fatto impennare il valore di BTC a giugno. Gran parte della crypto-community (me compreso), forse accecata dalla prospettiva di enormi afflussi istituzionali, ha accolto a braccia aperte la visione di TradFi 2.0 ideata da BlackRock.

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Tuttavia, la visione di BlackRock contiene una clausola sugli hard fork. Così recita:

Lo Sponsor [...] utilizzerà la propria discrezione per determinare quale rete debba essere considerata appropriata per gli scopi del Fondo, e nel farlo potrebbe influenzare negativamente il valore delle Azioni. [...] Non vi è alcuna garanzia che lo Sponsor sceglierà l'asset digitale che in ultima analisi è il fork di maggior valore. [...] Lo Sponsor può anche essere in disaccordo con gli Azionisti, il Depositario Bitcoin, altri fornitori di servizi, l'Amministratore dell'Indice, gli exchange di criptovalute o altri partecipanti al mercato su ciò che è generalmente accettato come Bitcoin e dovrebbe quindi essere considerato "bitcoin" ai fini del Fondo, il che può anche influire negativamente sul valore delle Azioni

Questa clausola introduce sostanzialmente un'ambiguità sul meccanismo di consenso, per un protocollo che ha già un meccanismo ben definito e collaudato.

BlackRock accumulerà senza dubbio un'enorme quantità di BTC, ma il suo ETF iShares potrebbe essere soggetto a scarsa trasparenza e a possibili rivalutazioni. In questo modo gli azionisti rischiano di avere solo un diritto cartaceo sui bitcoin presi in prestito, piuttosto che sull'asset stesso. Una cosa è accettare questo scenario prima dell'avvento di Bitcoin, ma è profondamente inquietante immaginare che tale situazione diventi la normalità in un mondo in cui abbiamo l'opportunità di possedere BTC su un libro mastro trasparente e immutabile.

Man mano che la coesistenza tra finanza decentralizzata e TradFi diventa una realtà, prima o poi la SEC approverà un ETF su Bitcoin: è inevitabile. Sebbene questo non sia un male in sé, è fondamentale che la crypto-community rimanga cosciente e impegnata sulle ragioni per cui stiamo costruendo un nuovo sistema finanziario.

Possiamo e dobbiamo accogliere l'adozione di Bitcoin da parte delle istituzioni tradizionali, e l'indubbio intreccio tra i veicoli di investimento tradizionali e le criptovalute. Ma dobbiamo anche rimanere vigili sulle implicazioni di sviluppi come gli ETF spot, aiutare i nuovi arrivati sul mercato a comprendere il potenziale della tecnologia blockchain, e continuare ad andare avanti.

Joseph Kelly è il CEO di Unchained, società di servizi finanziari su Bitcoin che ha co-fondato nel 2016. Si è laureato alla McCombs School of Business del Texas.
 
Traduzione a cura di Giorgio Libutti

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