Ieri è stata una giornata nera per il mercato delle criptovalute. L'intensità del ribasso comparata alle perdite temporanee degli short term holder ricorda i crash di marzo 2020 e novembre 2018.

Dopo aver perso il supporto a 40.000$, Bitcoin ha fronteggiano un violento ribasso che lo ha portato a testare l'area a 30.000$. Su questo livello sono intervenuti massicciamente i compratori, che hanno consentito a BTC di rimbalzare con convinzione fino alla soglia dei 40.000$, dove è attualmente negoziato.

La capitalizzazione di mercato è scesa a 1.730 miliardi di dollari, mentre l'indice di BTC dominance al 43%.

Mercoledì il mercato azionario si è chiuso al ribasso per la terza sessione consecutiva a causa dei timori degli investitori di un aumento dell'inflazione, che costringerà la Fed a inasprire la sua politica monetaria ultra espansiva. Per questo motivo, la maggior parte dei partecipanti al mercato sta cercando di sbarazzarsi di attività rischiose.

No money, no party.

Sul fronte crypto, il crash di ieri va inquadrato all'interno di un contesto più ampio. Il mercato era oggettivamente surriscaldato: le altcoin avevano raggiunto in alcuni casi livelli di sopravvalutazione eccessivi.

Inoltre, l'eccesso di trading a leva sulle piattaforme di crypto derivati e il momentum di Bitcoin in calo hanno favorito le manovre speculative che hanno causato il pesante dip di ieri pomeriggio, agevolando così l'ingresso nel mercato di nuovi grandi investitori che evidentemente attendevano che i prezzi scendessero su livelli più "appetibili".

E il premium che è stato raggiunto ieri pomeriggio su Coinbase, con picchi di oltre 3.000$ sul prezzo di scambio, avvalora questa tesi.

Le altcoin hanno ovviamente seguito le sorti della criptovaluta principale e, come sempre, hanno esasperato ancora di più il ribasso superando anche il - 50% in alcuni casi.

Per arginare il panic selling dilagante, sono scesi in campo pezzi da novanta come Michael Sailor, CEO di MicroStrategy, che ha precisato come le sue società possiedano 111.000 BTC e nessuna di loro ha venduto un singolo Bitcoin.

Elon Musk, tra i principali artefici dei ribassi delle ultime settimane, ha pubblicato a sua volta un Tweet affermando che Tesla ha "mani di diamante" e continua a mantenere la sua posizione in Bitcoin.

Anche Justin Sun, fondatore di TRON, ha annunciato di aver acquisito 150 milioni di dollari in Bitcoin. E così han fatto altri membri importanti della community.

L'analisi dei dati on-chain mostra che, durante il crollo del mercato, il numero di indirizzi dove Bitcoin è custodito da oltre un anno ha raggiunto il suo massimo storico. Ciò suggerisce che gli "investitori a breve termine" hanno venduto le proprie monete in perdita, mentre i grandi investitori e le entità istituzionali hanno acquistato a sconto.

Il ragionamento è sempre lo stesso: fino a quando non si vende Bitcoin a un prezzo più basso di quello d'acquisto, non ci sono perdite. Se si ha intenzione di vendere, va fatto quando BTC è sui massimi.

Invece purtroppo la tendenza dei piccoli investitori è quella di comprare alto e vendere basso, che è esattamente il contrario di ciò che andrebbe fatto.

Ovviamente un'altra regola d'oro è quella di evitare la leva, altrimenti si rischia di fare la fine dei 750.000 trader che ieri sono stati liquidati con una perdita netta di 8,3 miliardi di dollari.

Per quanto riguarda la price action di breve, se oggi Bitcoin non sarà in grado di superare la resistenza a 40.000$ c'è il rischio di una nuova leg down, con il livello di supporto chiave che insiste nella regione 36.000-34.000$. Un consolidamento sopra 40.000$ invece aprirà la strada verso i 42.000$ e oltre.

Dal punto di vista dei fondamentali, c'è da segnalare la news secondo cui l'India sta istituendo un comitato per studiare la futura regolamentazione del settore crypto.