Alcuni ricercatori del Centre for Science and Security Studies del King's College di Londra hanno iniziato ad analizzare soluzioni "non politiche" al problema del disarmo nucleare. 

Il loro nuovo report rileva che l'ordine nucleare multilaterale consolidato attorno al Trattato di Non-Proliferazione delle Nazioni Unite (TNP), è stato costantemente messo in discussione da problemi di cooperazione internazionale, rafforzati dall'asimmetria tra gli Stati dotati di armi nucleari e quelli che non le possiedono.

Questi ultimi, denominati NNWS, sono firmatari del trattato, ma, non possedendo questo tipo di armamenti, il loro contributo all'adempimento degli obblighi del trattato si riduce allo sviluppo di strumenti e processi che possono contribuire a migliorare la verifica multilaterale del disarmo.  

I NNWS, tuttavia, spesso non hanno le capacità tecniche per contribuire in modo significativo a tali iniziative: queste carenze apparentemente aggravano la percezione, diffusa sia tra gli Stati nucleari che tra quelli non nucleari, che il TNP sia un progetto compromesso dalla mancanza di un solido processo di verifica multilaterale del disarmo nucleare. Oltre a ciò, resta difficile promuovere la fiducia reciproca nel fatto che tutte le parti del TNP rispettino concretamente gli accordi di non proliferazione. 

Secondo il paper, quindi, è qui che entra in gioco la tecnologia blockchain. Il report propone che queste "sfide complesse e interconnesse" possano essere affrontate in modo produttivo utilizzando un approccio tecnico e operativo: 

"Come possono [i decisori pubblici] lavorare per la verifica multilaterale del disarmo nucleare garantendo al tempo stesso che i dati altamente sensibili correlati al processo siano gestiti in modo sicuro e affidabile?"

Gli autori osservano che molte delle iniziative concrete di non proliferazione degli ultimi anni hanno adottato "un approccio tecnico e operativo piuttosto che politico". In questo contesto, gli autori fanno riferimento alla “Partnership internazionale per la verifica del disarmo nucleare” e alla “Iniziativa Quad” di Norvegia, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti. 

Avendo affermato l'importanza delle soluzioni tecniche, i ricercatori sostengono che la blockchain potrebbe favorire i processi di verifica fornendo un registro praticamente immutabile, criptato, che può servire da "chain of custody".  

Inoltre, blockchain potrebbe anche affrontare la questione della fiducia: gli Stati possono condividere un interesse comune a ridurre gli armamenti nucleari, ma spesso non hanno fiducia l'uno nell'altro, il che ostacola la piena cooperazione. In questo caso, l'uso della tecnologia potrebbe mitigare questa mancanza di fiducia consentendo a "terzi di verificare l'integrità dei dati di verifica [del disarmo]," senza che queste parti possano vedere i dati stessi, che saranno altamente sensibili. 

Il documento riconosce anche delle grandi potenzialità agli smart contract, osservando che la blockchain, se abbinata a contratti che si auto-eseguono, può fornire una base sicura per un’infrastruttura privata di Internet of Things, che combina sensori e monitor ambientali. Questo potrebbe essere utilizzato per condurre verifiche in tempo reale in siti remoti al fine di allertare automaticamente le parti di eventuali violazioni dei trattati. Gli esperti concludono così il paper: 

"La blockchain potrebbe fungere da escrow crittografico per le dichiarazioni nazionali nei processi di disarmo, permettendo alle parti di rivelare dati sensibili in modo graduale, in parallelo con gli sviluppi politici e strategici."

I ricercatori ammettono che la possibilità che la blockchain contribuisca effettivamente al raggiungimento degli obiettivi di non proliferazione dipende totalmente dalle linee politiche degli Stati e dal modo in cui queste politiche verranno perseguite. Il report si astiene quindi dal fare della blockchain la panacea per uno dei problemi geopolitici più complessi dell'era moderna.