I regolatori della regione autonoma cinese della Mongolia Interna hanno emesso un avviso in cui chiedono la "riordinazione" delle aziende della provincia che operano nel settore del mining.

Termini di preavviso

Come riportato dal sito di notizie locale ChainNews, cinque dipartimenti all'interno della Mongolia Interna ritengono sia necessario rettificare l'industria del mining all'interno della provincia. Tra esse vi sono Commissione per lo sviluppo e le riforme, il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, il Ministero dell'Industria, l'Ufficio Finanziario e l'Ufficio Big Data.

Secondo il rapporto, la posizione dei regolatori sarebbe la seguente:

"L'industria del 'mining' di valute virtuali appartiene ad un'innovazione pseudo-finanziaria non correlata all'economia reale, e non dovrebbe essere supportata."

Impatto?

In passato, l'approccio normativo della Cina nei confronti del mining è stato inconsistente, e risulta quindi difficile capire esattamente quale saranno gli esiti di quest'avviso per i miner della regione.

In un tweet riguardante la notizia di ChainNews, il partner di Primitive Ventures Dovey Wan ha scritto: "Dubito che ciò avrà alcun impatto."

Aritmetica cinese

Secondo alcuni dati raccolti a maggio, la Cina era responsabile del 70% delle attività di mining di BTC in tutto il mondo. All'epoca, è emerso che i regolatori cinesi stavano indagando sulle attività di mining nella provincia del Sichuan, sede della maggior parte delle mining farm della nazione, grazie all'elettricità generata dal bacino del fiume Dadu.

Ad aprile, la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme della Cina stava considerando di mettere al bando il mining di criptovalute in tutto il paese.

Ciò ha fatto credere che le mining farm avrebbero dovuto lasciare la Cina, oppure operare clandestinamente, un risvolto piuttosto preoccupante per il Paese che ospita gran parte della potenza di calcolo della rete BTC. Ad oggi, nessun divieto del genere è però entrato in vigore.