Secondo quanto riportato il 25 aprile dalla CNBC, la polizia della città di Tianjin, situata nel nord della Cina, ha sequestrato 600 computer utilizzati per minare Bitcoin, scoperti a causa dell'uso anomalo di corrente registrato dal gestore della rete elettrica locale.

Il media locale Xinhua ha riportato le dichiarazioni di un ufficiale di polizia del posto, che ha definito il caso "il più grande furto di corrente elettrica degli ultimi anni", aggiungendo che sono state sequestrate anche otto "ventole ad alta potenza".

Xinhua non ha specificato il giorno esatto del sequestro. Quello che si sa è che cinque persone sono sotto indagine, mentre una è stata già arrestata.

A causa dell'elettricità a basso costo e all'industria manifatturiera dell'hardware, la Cina è uno degli stati preferiti dai minatori di criptovalute. Un'analisi ha dimostrato che minare un Bitcoin in Cina costerebbe circa 3.172$, garantendo un ritorno significativo.

Nel 2017, si presume che dal 50 al 70 percento delle attività di mining di BTC abbiano avuto luogo in Cina. A gennaio, tuttavia, la Banca Popolare Cinese (BPC) ha fatto sapere di voler rafforzare i controlli regionali e di restringere il quantitativo di energia elettrica disponibile per i miner.