Tra le Alpi Giulie e il mare Adriatico, in uno splendido angolo di Europa spesso ignorato dai visitatori internazionali che affollano il vicino Veneto e la costa dalmata, troviamo la Slovenia – una nazione che ha ottenuto l’indipendenza dalla Jugoslavia nel 1991.
Come uno dei tanti turisti che riempiono le strade di Venezia, diversi anni fa ho scoperto per caso la Slovenia solo perché non sono riuscito a comprare un biglietto del treno verso l’Italia. Rimasto bloccato nel Paese, ho deciso di esplorare le sue incredibili grotte carsiche e la natura incontaminata del parco nazionale del Triglav, prima di tornare alla sua storica capitale, Lubiana, per immergermi nella cultura locale.
Pur riconoscendo e apprezzando la gente amichevole e la ricca cucina slava di Lubiana, allora mi feci sfuggire completamente un altro aspetto vivace della città – la sua emergente comunità Bitcoin.
Ex Paese socialista, pur avendo visto l’alternarsi di politiche intransigenti con un grado di libertà economica e personale maggiore rispetto ad altri nel blocco orientale, la Slovenia è un esempio lampante di come l’ethos decentralizzato delle criptovalute risuoni profondamente con un popolo cresciuto sotto un governo fortemente centralizzato.
Oggi, quando si parla di Slovenia e Bitcoin, il primo nome che viene in mente è probabilmente Bitstamp: un exchange di criptovalute creato nel 2011 a Lubiana che oggi conta uffici a Londra, New York, Lussemburgo e altrove.
Infatti, Bitstamp è attualmente l’exchange di criptovalute più vecchio ancora in operazione, essendo sopravvissuto ad altri concorrenti della vecchia scuola come Mt. Gox e BTC-e semplicemente grazie alla sua affidabilità. Questa longevità è di per sé un grande risultato considerando l’estrema volatilità dei prezzi e la mancanza di modelli commerciali consolidati in questo settore nascente, soprattutto negli anni precedenti al 2017.
Bitstamp: una storia di successo nazionale
Interrogata sulla propensione tecnologica e sulle start-up fintech della regione, la maggior parte delle persone nominerà immediatamente i vivaci poli di Silicon Valley, Londra o Singapore. Raramente vengono in mente piccoli paesi slavi dell’Europa centrale – del resto, fino a tre decenni fa queste nazioni si trovavano sotto il regime comunista.
Quindi, com’è possibile che una compagnia del calibro di Bitstamp sia riuscita a emergere da Lubiana con finanziamenti minimi, arrivando a competere in un settore così fortemente imprevedibile come le crypto, continuando a prosperare per quasi un decennio? Miha Grčar, Head of Business Development di Bitstamp e veterano sin dai primi giorni della compagnia, ha spiegato come Bitcoin e Bitstamp hanno preso piede in Slovenia:
“Il gruppo iniziale era composto principalmente da appassionati, anarchici e cypherpunk. Ma in Slovenia non c’era una grande economia e non c’erano molte prospettive di lavoro per i giovani, quindi quando il prezzo ha iniziato a salire, molti giovani hanno naturalmente cominciato a prestare attenzione e imparare.
Per quanto riguarda Bitstamp, credo che il fatto di essere stati tra i primi abbia sicuramente aiutato. Ma d’altronde siamo anche stati fortunati — in questo settore serve la fortuna.
Nei limiti di ciò che potevamo influenzare, direi che abbiamo sempre cercato di fare la cosa migliore per i nostri clienti, perché nei primi tempi la fiducia non era facile da guadagnare. Il settore era caratterizzato da un grande numero di truffe, e a volte gli exchange andavano offline per non riattivarsi più. Quindi, in quei giorni era difficile operare.
Tuttavia era importante essere affidabili, disponibili e fare semplicemente di tutto per essere un’azienda di cui la gente potesse fidarsi. E oltre a questo, qui abbiamo sempre avuto a disposizione i servizi bancari, cosa che nei primi tempi era piuttosto sfuggente.”
I commenti di Grčar fanno luce sulle sfide monumentali che i crypto exchange hanno dovuto superare nei primi periodi del settore per sopravvivere. Non solo era difficile ottenere la fiducia dei consumatori per quanto riguarda la gestione di un nuovo asset digitale esterno alla competenza dei regolatori finanziari, ancora più difficile collaborare con partner bancari — che, ovviamente, erano essenziali nella creazione di on-ramp e off-ramp per exchange come Bitstamp.
In quel periodo, nessuna grande banca europea era lontanamente interessata a lavorare con una società crypto, quindi sembra che avere sede in piccolo Paese dinamico con banche locali disponibili a collaborare sia stato in realtà un notevole vantaggio:
“La Slovenia è un Paese molto piccolo che conta solo un paio di milioni di persone, quindi una storia di successo come Bitstamp attira una quantità sproporzionata di interesse. Non sarebbe stato così in Germania o nel Regno Unito, per esempio, e di certo non negli Stati Uniti. Quindi, quando il prezzo di Bitcoin ha visto una grande crescita nel 2013, tutti hanno iniziato a prestare attenzione.”
In un certo senso, il successo di una startup e del settore nascente in cui si trovava è diventato una storia di successo nazionale, generando un incredibile slancio riversato poi nello stesso settore. Infatti, secondo Coinmap.org, oggi a Lubiana ci sono più di 250 attività che accettano Bitcoin — un numero spropositatamente alto per una città con una popolazione di solo 300.000 persone.
L’anima anarco-capitalista di Praga
Più a nord, oltre l’arco alpino austriaco, troviamo la Repubblica Ceca, una nazione che si è risvegliata nei primi anni ‘90 dopo lo scioglimento della Cecoslovacchia comunista. La sua capitale, Praga, è nota ai turisti come una meravigliosa città ricca di cultura, storia e straordinaria architettura gotica ben conservata.
La ciliegina sulla torta per gli appassionati di crypto, però, è il fatto che Praga è un centro importante per i libertari e Bitcoin. Uno studio di Forbes pubblicato nel 2018 ha rivelato che Praga aveva il maggior numero di attività Bitcoin tra tutte le città del mondo.
Simon Dixon, Fondatore di BnkToTheFuture e veterano nel settore Bitcoin, ha condiviso un aneddoto interessante sui primi anni della scena crypto segreta di Praga.
Dixon ha partecipato alla primissima conferenza Bitcoin europea a Praga nel lontano 2011, dove si è imbattuto in una “caccia al tesoro” per trovare il luogo segreto in cui si sarebbe svolto un hackathon:
“Avevamo a disposizione indizi che ci hanno portato da un punto della città all’altro, fino a ritrovarci in un edificio buio che sembrava un covo di spacciatori molto pericoloso. Siamo arrivati a una stanza in cui dovevamo bussare alla porta in un certo modo per farci aprire. Dopo essere entrati abbiamo trovato un gruppo di persone impegnate a programmare, e c’erano codici QR da scansionare per comprare una barretta Mars per 1 BTC.”
Oggi, un fattore chiave alla base della forte comunità crypto di Praga si trova all’interno di un edificio a tre piani verniciato di nero in Dělnická Street — il quartier generale di Paralelní Polis, un’organizzazione no profit dedicata alla “criptoanarchia.” La sede di Paralelní Polis include un bar che accetta solo Bitcoin, uno spazio di coworking e una sezione hacker detta “Institute of Cryptoanarchy.”
Negli anni, Paralelní Polis si è affermato come IL luogo di ritrovo nella regione per eventi e hackathon legati alle crypto.
Il nome dell’organizzazione si traduce dal ceco in “mondo parallelo”, un concetto reso popolare dall’attivista ceco e dissidente anti-sovietico Václav Benda. L’idea di un mondo parallelo affermava che, siccome né la votazione né la rivoluzione sembravano essere efficaci nel sostituire i governi esistenti e i sistemi a pianificazione centrale con qualcosa di meglio, l’unico modo per raggiungere una società e un mercato liberi era quello di costruire da zero un sistema parallelo indipendente — al di fuori del controllo dei politici, in una dimensione come quella digitale.
L’organizzazione Paralelní Polis è stata fondata da Pavol Lupták, una figura di spicco nella scena anarco-capitalista locale. Alla domanda sulle motivazioni della passione di Praga per Bitcoin, ha risposto:
“Il fenomeno Bitcoin a Praga è stato causato principalmente da due fattori. Uno: alcuni pionieri nelle attività crypto, come SatoshiLabs o General Bytes, compagnie attualmente tra i più grandi produttori di wallet e ATM Bitcoin al mondo, hanno sede a Praga. Due: la comunità crypto di Praga è stata rafforzata da Paralelní Polis e dagli eventi Bitcoin settimanali, dal congresso HCPP annuale, ecc.”
È chiaro che Praga ha beneficiato della perfetta combinazione tra un gruppo appassionato di persone con forti ideali di libertà, un alto livello di competenza tecnica e un posto sicuro dedicato dove riunirsi, condividere idee e ampliare ulteriormente la comunità. Trovandosi nel centro geografico dell’Europa, Praga funge da intermediario ideale tra est e ovest, e da luogo di ritrovo perfetto per persone con visioni e competenze differenti. Sono poche le città nel mondo che sono riuscite a offrire qualcosa di simile.
Ma quali sono stati i fondamentali ingredienti sociali e culturali che hanno portato alla formazione di una tale competenza tecnica e passione per l’anarco-capitalismo — due precursori naturali di Bitcoin?
In base a quanto ho compreso dalle mie conversazioni con persone come Lupták, la risposta potrebbe ricondursi al difficile passato socialista come Paese appartenente al blocco sovietico. Per confermare questa ipotesi, ho deciso di intervistare altri membri illustri della storica comunità crypto di Praga.
La vita sotto il comunismo e il significato di libertà
Jan Čapek è il CEO di Braiins, una compagnia full stack per il mining di Bitcoin che opera Slush Pool, la prima mining pool di Bitcoin al mondo:
“Le persone che lavorano su Bitcoin comprendono l’impatto sociale della decentralizzazione. Anche se oggi viviamo in una società libera, possiamo già vedere segni di ‘non-libertà’ o di una lenta erosione della libertà in molti aspetti della nostra vita. Sono nato nel 1980, quindi ho qualche esperienza del periodo comunista, e all’epoca riconobbi che non avevamo libertà.”
Ho insistito sull’argomento, curioso di ascoltare i suoi aneddoti personali dai giorni della Cecoslovacchia comunista, e Čapek mi ha accontentato:
“Mio padre lavorava per un’industria chimica e faceva viaggi di lavoro nel mondo occidentale perché avevano bisogno dei dispositivi analitici avanzati. Non era neanche un membro del partito comunista, ma non avevano altra scelta in quanto era l’unico ad essere qualificato a livello tecnico. All’epoca avevo solo 6 anni, ma mi stavo già rendendo conto che l’ambiente in cui vivevamo era diverso, perché mio padre tornava a casa e parlava di come funzionavano le cose in occidente.
A quei tempi ero già un fanatico di computer, avevo un Sinclair ZX Spectrum che allora era considerato all’avanguardia. Mio padre l’aveva comprato durante i suoi viaggi all’estero con dei marchi tedeschi che teneva da parte, perché ovviamente non era qualcosa che potevi trovare qui. Prendiamo l’esempio del cibo, non voglio dire che morivamo di fame, ma molte opzioni alimentari non erano disponibili. Non potevi semplicemente andare in negozio e comprare delle banane, in quanto erano importate solo occasionalmente da alcuni Paesi tropicali in periodi specifici, e le persone facevano la fila per comprarle.
In un certo senso, la percezione di questa realtà all’epoca ci ha reso molto flessibili per navigare nel sistema e trovare un modo per rendere almeno accettabile il nostro tenore di vita. Dato che al tempo non avevamo molta scelta non c’era esattamente una cultura consumistica, e in un qualche modo questo ha dato alla gente più tempo per costruire invece di consumare.
Dal punto di vista politico, ovviamente cercavano di criminalizzare le persone che pensavano in modo diverso, che non volevano far parte del sistema. E credo che sia questa l’origine, l’esperienza di vivere in una realtà priva di libertà. Dopo la Rivoluzione di Velluto e l’apertura dei confini, la gente ha naturalmente abbracciato le nuove informazioni e le nuove tecnologie in arrivo dall’esterno, iniziando a costruire attività intorno ad esse.”
Alena Vranova, co-fondatrice di SatoshiLabs — la compagnia che ha creato il wallet Trezor — ha espresso un sentimento simile a quello di Čapek:
“Storicamente la gente non si fida dei politici, perché ci hanno mentito e deluso troppe volte nel corso dell’ultimo secolo. Nel 1953, i miei nonni hanno perso tutto a causa di una riforma monetaria. La sera prima il presidente ha letteralmente spiegato alla radio che le voci di una presunta riforma monetaria erano prive di fondamento, e la mattina dopo tutti sono stati costretti a passare a una nuova moneta perdendo oltre il 95% di ciò che possedevano.
A causa della diffidenza nei confronti dei politici, la gente ha sviluppato una resistente cultura fai-da-te, trovando sempre un modo per aggirare divieti o restrizioni. Possiamo chiamarla creatività forzata.”
Vranova ha continuato toccando l’argomento della mancanza di libertà di movimento:
“Nel periodo comunista, viaggiare all’estero non era difficile solo a livello finanziario, ma anche perché non era consentito spostarsi con l’intera famiglia. Per viaggiare all’estero, mio padre doveva compilare moduli di richiesta e sottoporsi a diversi controlli per ottenere l’approvazione, ed era comunque costretto a portare con sé una somma di denaro limitata, tutto per garantire che non disertasse fuori dal Paese. C’era una totale limitazione e sorveglianza dei movimenti di tutti i cittadini, e sfortunatamente stiamo assistendo ad alcuni paralleli nel 2020.”
Questa osservazione solleva un argomento scomodo. Nell’odierna era dell’informazione, in cui la sovranità sui dati e sulla moneta è praticamente scomparsa e la sorveglianza sta rapidamente diventando onnipresente, potremmo aver già rinunciato a troppo.
Jan Čapek, come altri frequentatori della Paralelní Polis, crede fermamente che Bitcoin sia una parte cruciale della soluzione:
“Siamo consapevoli di quanto sia preziosa la libertà e non vogliamo che ci venga portata via di nuovo. Bitcoin è un meccanismo che la società globale può usare per reagire a qualsiasi cosa che potrebbe influire negativamente sulle nostre libertà.
Stavo lavorando e guadagnando bene come freelancer IT quando ho scoperto Bitcoin, e ho capito che era la buona causa a cui volevo dedicare il resto della mia vita produttiva, quindi ho fatto il salto.”
Sembra che le persone che hanno varcato le porte della Paralelní Polis abbiano tutte qualcosa in comune: una profonda passione per Bitcoin nata dai ricordi di un passato in cui la libertà era un privilegio, non un diritto.
Quando la passione si unisce all’abilità tecnica, crea una potente combinazione in grado di rivoluzionare interi settori e cambiare il mondo. Fortunatamente per la comunità crypto ceca che vuole sviluppare un sistema libero senza interferenze governative, entrambi gli ingredienti sembrano essere disponibili in abbondanza.
Come Bitstamp, anche Braiins/Slush Pool e SatoshiLabs di Praga sono tra le prime compagnie Bitcoin riuscite a superare la prova del tempo. Non solo queste aziende sono emerse dalle radici anarco-capitaliste di Praga, ma hanno gestito le proprie attività così astutamente da continuare a prosperare fino ai nostri giorni, anche se il loro settore somiglia ben poco a quello di diversi anni fa. Riflettendo su ciò che ha portato al successo la sua azienda, Čapek ha commentato:
“Sin dal primo giorno siamo stati molto dediti e prudenti. Ci siamo concentrati senza lasciarci distrarre da cose inutili che avrebbero sprecato risorse, e abbiamo sempre avuto un approccio molto conservatore alle assunzioni. Siamo stati un’azienda snella e redditizia sin dall’inizio, e non abbiamo mai ricevuto capitale esterno.”
In altre parole, la sua compagnia ha incarnato lo spirito progressivo della regione.
Simili, ma diverse
“La Jugoslavia era generalmente meno oppressiva rispetto al blocco sovietico, e la Slovenia era la repubblica più ricca della Jugoslavia, quindi avevamo a disposizione cose come le automobili occidentali”, racconta Grčar. “Detto questo, non avevamo comunque nemmeno lontanamente le libertà e le opportunità presenti in occidente. Per fare un esempio, all’epoca c’erano una o due marche di birra tra cui scegliere nei negozi.”
I commenti di Grčar mi hanno fatto apprezzare molto le opzioni alla spina disponibili nel mio pub locale, e per sua fortuna, oggi la selezione di birre non è più un problema.
Sia la Slovenia che la Repubblica Ceca sono emerse da oppressivi regimi socialisti per trasformarsi brillantemente in nazioni libere e progressive, ma i due Paesi restano comunque molto diversi — così come le rispettive storie di successo in ambito crypto. Bitstamp era una startup di spicco a livello nazionale incentrata sul retail che ha messo la Slovenia sulla mappa del settore fintech, mentre le numerose aziende nate a Praga erano principalmente concentrate sul servire ogni aspetto della comunità cypherpunk.
In ultima analisi, ciò che conta è che tutte stanno ottenendo grandi risultati. Il settore degli exchange, il settore del mining e il settore hardware hanno visto l’arrivo di un’enorme concorrenza con risorse apparentemente illimitate, ma questi nuovi arrivati non sono riusciti a eliminare i veterani snelli e resilienti del centro Europa slavo.
E il merito potrebbe essere attribuito alla cultura della creatività.
Hope Freiheit è un sostenitore di libertà e decentralizzazione, che promuove una migliore forma di denaro e proprietà reale per la gente. Con un background nel settore biotech e nell’avvio di startup, seguito da esperienze di lavoro nei primi crypto exchange cinesi, è un attento osservatore di tutto ciò che riguarda Bitcoin, le scienze e i trend socioeconomici. Vive in Asia, e ama la cucina etnica e il Manchester United.