Secondo quanto riportato il 22 maggio da TNW, un ricercatore brasiliano ha calcolato che potrebbero bastare 55 mln di dollari per manipolare il network di una delle criptovalute principali, generando profitti per circa un miliardo di dollari.

Husam Abboud della FECAP University di San Paolo ha utilizzato l'esempio di Ethereum Classic (ETC) per dimostrare la vulnerabilità delle reti di criptovaluta che utilizzano gli algoritmi Proof-of-Work (PoW).

"Ad oggi, possiamo tranquillamente stimare il costo di un attacco del 51% su Ethereum Classic tra i 55 gli 85 milioni di dollari".

I risultati sembrano contraddire le vecchie supposizioni secondo cui gli attacchi al network come quello del 51% sono troppo costosi e svaluterebbero la valuta attaccata, riassunte nell'analisi dallo stesso Abboud: "Bene, se hai tutta quella potenza di hashing, ti conviene minare le monete piuttosto che attaccare la rete!".

Adesso, tuttavia, la situazione è diversa, con la rimozione delle barriere di entrata in termini di attrezzatura e la diffusione dello shorting, è possibile generare profitti considerevoli.

I metodi utilizzano un modello di calcolo dei costi per gli attacchi del 51% noto come Rindex v2.0, che rimuove aspetti come l'acquisto di nuove attrezzature a favore del "leasing" di potenza di calcolo da altre monete basate su PoW, come Bitcoin (BTC) ed Ethereum (ETH).

"L'obbiettivo di questo articolo è quello di far conoscere questo tipo di attacco in modo che si possano adottare misure appropriate per aumentare la robustezza dei network prima che vengano compromessi". Tra le varie soluzioni al problema offerte da Abboud, vi è quella dell'aggiornamento ad un algoritmo Proof-of -Stake (PoS).