In Russia, una corte penale ha negato alla vittima di un furto di Bitcoin (BTC) la restituzione dei fondi rubati: in quanto valuta virtuale, BTC non viene tutelato dalla legge.

Il caso risale al 2018, quando due uomini hanno finto di essere agenti del Servizio Federale per la Sicurezza (FSB) e, con l'aiuto di complici, hanno rapito la vittima: il malcapitato è stato costretto a cedere ai criminali 5 milioni di rubli (90.000$) in contanti e 99,7 BTC, dal valore al tempo di circa 900.000$.

Per tale crimine, i rapitori sono stati condannati a 8-10 anni di prigione.

Il furto di BTC non è un crimine in Russia?

Durante il procedimento penale, la vittima ha richiesto alla corte di obbligare i ladri a restituire i fondi rubati. Il tribunale si è tuttavia pronunciato soltanto parzialmente a favore della vittima: i ladri dovranno rimborsare i 5 milioni di rubli ma non i Bitcoin, poiché la legislazione russa non considera le criptovalute delle proprietà.

Alla vittima non rimane che tentare la fortuna in una corte civile. Indipendentemente dai futuri sviluppi del caso, la decisione del tribunale è a dir poco paradossale: il giudice ha sostanzialmente decretato che in Russia il furto di Bitcoin non è un crimine.

A giugno, le forze dell'ordine russe hanno arrestato un individuo che aveva realizzato un'enorme struttura per il mining di criptovalute, che connetteva circa 500 dispositivi alla rete di alimentazione pubblica: pare che il criminale abbia causato danni economici per oltre 34 milioni di rubli, equivalenti a circa 495.000 dollari.