La moda sta passando. Un recente rapporto di CB Insights ha svelato un calo del 60% in termini di investimenti in startup basate su blockchain quest’anno, ora ridotti a 1,6 miliardi di dollari. Al contempo però grandi realtà come Microsoft, Walmart, IBM e Samsung hanno sviluppato blockchain proprie o hanno avviato partnership per usare questa tecnologia. Paradossalmente anche alcune banche, come HSBCJPMorgan Chase, hanno adottato la blockchain: sono le stesse istituzioni che questa tecnologia intende rimpiazzare. Cosa è successo? Perché blockchain realmente decentralizzate stanno scomparendo mentre i detrattori di un tempo sono diventati sostenitori di questa tecnologia?

Blockchain: percorso lento, ma obiettivo raggiunto

Governi e politici sono stati più volte criticati per la loro incapacità di comprendere la tecnologia della blockchain. Inizialmente molti hanno ignorato il boom delle criptovalute, il che ha portato alla moda delle ICO, perlopiù fraudolente, del 2017. Poi si è cominciato a contrastare il fenomeno con regolamenti e restrizioni: questo ha colpito duramente il settore. Con tempo però questa tecnologia è stata capita nella maniera corretta. 

Un esempio degno di nota è la Cina che inizialmente aveva bandito in toto qualsiasi progetto basato su blockchain. Alla fine di ottobre del 2019 il presidente Xi Jinping ha invertito la rotta e richiesto alla Cina uno “sforzo maggiore” verso la blockchain per ottenere un vantaggio sugli altri Stati. Sebbene le criptovalute rimanessero al bando, questo annuncio ha mostrato che le cose stavano cambiando in favore della nuova tecnologia.

Pubblica vs. privata

Va detto che le imprese dispongono di versioni proprie di blockchain, ossia blockchain private. Questa differisce per vari aspetti da quelle tradizionali, o pubbliche. 

Contrariamente alle blockchain pubbliche come Bitcoin o Ethereum, non tutti possono accedere a una blockchain privata. Ogni nodo viene selezionato dall’impresa. In alcuni casi questa procedura può richiedere il soddisfacimento dei requisiti KYC.

Per la stessa ragione la “fiducia” viene garantita in maniera più semplice. Poiché i nodi sono già identificati, è assai minore il rischio che soggetti malintenzionati attacchino la catena di blocchi. E anche qualora vi provassero, non potrebbero farlo in maniera anonima.

Questo modello è scalabile. Poiché sono coinvolti meno nodi e si utilizza un diverso meccanismo per il raggiungimento del consenso, le transazioni vengono effettuate più rapidamente. Hyperledger processa fino a 20.000 transazioni al secondo, mentre Ethereum solo 15.

Nelle blockchain private non c’è bisogno di ricompense. Solitamente nelle blockchain tradizionali è necessario prevedere un corrispettivo per i nodi in ragione del lavoro svolto e dell’energia da essi consumata. Non c’è motivo di farlo invece in una catena di blocchi privata in quanto la motivazione dietro al progetto è diversa.

Analogamente le blockchain private sono di più facile aggiornamento. Quelle pubbliche richiedono la presenza di un consenso raggiunto dalla maggior parte dei nodi. Qualora non si raggiunga, si verifica una scissione che porta alla nascita di una nuova catena. Non vi sono però requisiti simili all’interno delle blockchain private: questo significa che il codice può essere processato molto più velocemente.

Per tali ragioni, è più facile avviare una blockchain privata. “Nel breve termine, molti progetti impiegheranno blockchain private per apprendere i meccanismi di adozione e utilizzo, ricorrendo alle catene di blocchi pubbliche ove possibile e necessario”, ha dichiarato Nate D’Amico, CTO di Nem Foundation. 

Le catene di blocchi pubbliche hanno comunque diversi vantaggi: ad esempio, sono molto utili per mettere in comunicazione individui che non dispongono di informazioni su di loro ma desiderano collaborare. È questo il motivo per cui è nato Bitcoin (BTC): permettere transazioni P2P senza intermediari. Questo ci porta a chiederci: abbiamo davvero bisogno di blockchain private? Se priviamo la blockchain della sua caratteristica principale, perché dovremmo avere bisogno di un registro distribuito?

Il vero fine della blockchain

Pare che vi siano vantaggi reali nell’utilizzare la blockchain, anche per le imprese. Fra questi vi sono motivazioni di natura commerciale. Le imprese controllano rigidamente i nodi appartenenti alla loro rete, ma ciò non significa che dettino le modalità in cui opera il sistema. Laddove vari competitor necessitano di collaborare, la blockchain si configura come mezzo ideale per favorire tale collaborazione in un ambiente trustless e imparziale. La blockchain consente anche di risolvere questioni di natura politica: ad esempio, il fatto che non vi sia un luogo centrale approvato dalle parti in cui collocare il database. La decentralizzazione evita anche che una delle parti applichi tariffe maggiori per i servizi di intermediazione. 

Infine, vi sono ragioni legate alla sicurezza. La blockchain si basa sulla crittografia, è sincronizzata in tutte le versioni disponibili ai nodi ed è prova di manomissione. “L’architettura della blockchain è in sostanza ideata in maniera diversa a livello di accessibilità e collaborazione. Lo scambio di dati tra le parti rende di fatto questa tecnologia più sicura e affidabile”, ha affermato D’Amico. Infatti, la blockchain è uno dei modi migliori per conservare dati.

Tuttavia, vi sono anche alcuni svantaggi. “Un’area grigia per le blockchain pubbliche e private sono le normative come il GDPR e le organizzazioni che mantengono informazioni personalmente identificabili e altri dati simili on-chain”, ha spiegato D’Amico. “A seconda della modalità di funzionamento della rete, come nel caso di reti distribuite a livello globale, non si ha il controllo del luogo in cui sono conservati i dati e non si può fare affidamento sul diritto all’oblio in quanto i dati sono immutabili e non possono essere rimossi dalla cronologia”. 

Gli intermediari non scompariranno

Contrariamente a quanto si crede, la blockchain non sostituirà le autorità centrali. È più probabile che a sopravvivere saranno versioni semicentralizzate e regolate dai governi. Le startup stanno imparando quanto sia complicato osservare le normative imposte dai governi: non perché si stiano sottomettendo a un’autorità superiore, ma semplicemente per ragioni di interesse pubblico. In fin dei conti la blockchain impone che ci si fidi di codici e algoritmi invece che di persone e molti non sono ancora pronti a fare questo passo. Fare affidamento su codici e algoritmi può rivelarsi ottimo in casi semplici, ma questioni più complesse necessitano della componente umana.

Ad ogni modo la capacità della blockchain di offrire un registro immutabile e a prova di manomissione può contribuire nel prevenire che le autorità abusino del proprio potere. Come anche per le altre tecnologie, al fine di utilizzare al meglio la blockchain è necessario trovare un equilibrio tra uomo e computer. 

Le idee e le opinioni espresse in questo articolo appartengono unicamente all'autore, e non riflettono necessariamente il punto di vista di Cointelegraph.com.

Paul McNeil è un analista del settore tech specializzato nelle prospettive politiche e morali delle innovazioni moderne. I suoi articoli sono pubblicati su vari siti web, fra cui l’Huffington Post. Al momento si sta concentrando sulla creazione del prodotto di punta della sua startup, Blue AI.