Secondo i dati pubblicati ieri da Nansen Analytics, nell'ultimo mese sono stati bruciati oltre 1,096 miliardi di dollari in Ethereum (ETH). Con l'introduzione della EIP-1559 lo scorso agosto, una parte delle commissioni viene eliminata dalla circolazione per ogni transazione processata sulla blockchain di Ethereum. Al contrario del costo irrisorio per effettuare un semplice invio di ETH, le attività più specifiche, come il minting di token non fungibili (NFT) tramite smart contract, risultano più dispendiose.

A gennaio, il volume totale delle transazioni di NFT su OpenSea ha raggiunto il massimo storico di 3,5 miliardi di dollari. Stando ad Ultra Sound Money, il marketplace si posiziona al primo posto per burn di Ether, con 65.778 ETH (181,7 milioni di dollari) bruciati negli ultimi 30 giorni. Seguono le transazioni native di Ethereum, responsabili del burn di 35.696 ETH (98,6 milioni di dollari) e le attività sull'exchange decentralizzato Uniswap (UNI), con 24.223 ETH (66,9 milioni di dollari).

Tuttavia, Ethereum è ancora una blockchain soggetta ad inflazione: difatti, l'attuale emissione annua di 5,4 milioni di ETH supera i 3,5 milioni di ETH bruciati. Solo a seguito della transizione al meccanismo di consenso in Proof-of-Stake, o PoS, l'offerta di ETH raggiungerà il suo apice.

A quel punto, la quantità totale di nuove monete sarà inferiore a quella dei token bruciati, risultando in un tasso nettamente deflazionistico. La transizione a PoS, battezzata "the merge", avverrà nel secondo o terzo trimestre di quest'anno. Ad ogni modo, l'hash rate della rete ha stabilito periodicamente nuovi massimi storici. Inoltre, la Ethereum Foundation ha recentemente effettuato un rebrand di Ethereum 2.0, rinominandolo Consensus Layer.