All'inizio della scorsa settimana, la criptovaluta più famosa al mondo ha registrato un aumento del suo valore da circa 8.000$ a ben 8.430$ nell’arco di appena un’ora. Questo andamento del prezzo è probabilmente dovuto alla decisione presa dal governo iraniano di attaccare militarmente una base irachena dove erano dispiegate truppe statunitensi. 

Tuttavia, è importante ricordare che la condotta di Teheran ha fatto seguito alla decisione del presidente americano Donald Trump di eliminare il generale iraniano Qassem Soleimani, figura controversa in Occidente ma amata dal popolo in patria.

Il valore del Bitcoin (BTC) ha registrato un aumento del 15% rispetto ad inizio anno, ma da quando il presidente Trump ha minimizzato la situazione in Iran durante una conferenza stampa alla Casa Bianca (dicendo che la potenza mediorientale è pronta a ritirarsi), il prezzo del BTC è nuovamente scesso sotto gli 8.000$. 

Tanto premesso, pare che un nutrito gruppo di figure di spicco, quali Mike Novogratz di Galaxy Digital e Joshua Green di Digital Asset Capital Management, concordi sul fatto che l’aumento del valore di BTC sia legato agli eventi verificatisi di recente in Iraq.

Vale anche la pena osservare che tale aumento ha fatto seguito a un incremento del valore di altri asset di rifugio quali l’oro e il greggio. Per capire meglio la situazione, si consideri che l’oro viene scambiato quasi ai suoi massimi livelli raggiunti a marzo 2013. Il Brent Crude invece ha registrato un aumento del 2,5% e un barile viene venduto a 70$: anche questo andamento potrebbe essere dovuto ai timori legati all’eventuale colpo che un’escalation delle tensioni militari tra USA e Iran potrebbe infliggere alla distribuzione mondiale di petrolio.

A tal proposito Mati Greenspan, founder di QuantumEconomics.io, ha affermato che “la somiglianza tra l’oro digitale e gli asset fisici è inquietante. Hanno seguito un trend molto simile durante quasi tutto l’anno scorso”.

Gli iraniani credono davvero nel potere di Bitcoin?

In rete si legge spesso della corsa frenetica degli iraniani per accaparrarsi i Bitcoin, specialmente alla luce delle recenti tensioni geopolitiche che hanno interessato quella ragione. Cointelegraph ha contattato Hadi Nemati, esperto iraniano di criptovalute e COO presso Bitfolio Capital, un hedge fund di criptovalute, il quale si è espresso a questo proposito come segue:

"Dopo l’estate del 2019, molti iraniani sono venuti a sapere di Bitcoin grazie alle notizie pubblicate dai giornali e dalle agenzie di stampa locali relativamente al mining e al consumo di elettricità ad esso collegato. Bitcoin, in generale, è visto come un asset alternativo e una forma di denaro digitale."

Quando gli è stato chiesto quale fetta di popolazione stesse utilizzando più attivamente il Bitcoin, Nemati ha proposto una suddivisione in 3 gruppi:

  • Miner: secondo Nemati questo è il gruppo più numeroso dei tre, sia in ottica aziendale che al dettaglio. Tuttavia, i miner sono costretti a liquidare periodicamente i BTC da loro detenuti per riuscire a sostenere i loro costi operativi.
  • Investitori: comprano Bitcoin prevalentemente per collocamenti a lungo termine e utilizzano questo asset per assicurare il loro capitale dall’inflazione del rial iraniano. Inoltre l’esperto ritiene che, nonostante BTC non sia tanto popolare quanto altre valute straniere o metalli preziosi quali l’oro o l’argento, la sua adozione sia cresciuta stabilmente negli ultimi anni.
  • Trader attivi: perano soprattutto nel mercato criptovalutario locale sia a livello aziendale che al dettaglio. In generale, il Bitcoin viene usato raramente per transazioni quotidiane in ragione dell’assenza di un’infrastruttura adeguata. Inoltre, la Banca centrale iraniana deve ancora adottare linee guida normative circa l’utilizzo delle valute digitali.

Un altro punto su cui fare chiarezza è il motivo per cui negli ultimi 24 mesi la popolarità di BTC abbia registrato questa brusca impennata in Iran. Per dare una risposta al quesito Cointelegraph ha contattato Mahyar, un miner e investitore in criptovalute residente a Teheran. Questi ha osservato che, poiché gli iraniani non sono titolari di conti internazionali, possono utilizzare Bitcoin come mezzo per ricevere pagamenti transfrontalieri in maniera continuativa e sicura. A tal proposito, Mahyar ha aggiunto: 

"La gente invia bit a un exchange e riceve denaro contante. La maggior parte dei bit proviene dalle mining farm e il ritorno in dollari è molto importante per queste persone. Credo che le grandi società stiano facendo il possibile anche per aggirare il pagamento delle imposte."

Secondo l’esperto, un’ulteriore ragione a supporto dell’accresciuta popolarità di BTC è che la maggior parte delle criptovalute presenta benefici in termini di anonimato. Infatti, poiché il Bitcoin può essere utilizzato da chiunque indipendentemente dal proprio trascorso finanziario, sempre più persone si stanno approcciando a questo asset innovativo.

      Relativamente all’esistenza ad oggi di modalità semplici a disposizione delle persone per liquidare i BTC in loro possesso, Mahyar ha affermato che molti desiderano semplificare l’accesso agli exchange peer-to-peer poiché credono che Bitcoin avrà in futuro un grande successo. Inoltre, l’esperto ha sottolineato che modalità più convenzionali, quali LocalBitcoins, godono di grande popolarità.    

Evolve in maniera costante la relazione tra l’Iran e le crypto

Da quando gli furono comminate pesanti sanzioni da parte degli USA nel 1979, il rial iraniano ha registrato un calo costante del proprio valore, fenomeno che ha raggiunto il suo apice negli anni 2000.

Di conseguenza, molti iraniani hanno tentato di trovare nuove modalità per collocare capitali in vari beni quali fiat differenti, metalli preziosi, ecc.

Inoltre, molti iraniani facoltosi hanno trovato rifugio finanziario in istituti bancari con sede a Dubai e in altri Paesi mediorientali. Tuttavia, con l’aumento costante dell’inflazione il rial sta affrontando una grave fase di svalutazione, in particolare in seguito al giro di vite alle sanzioni operato dal presidente Trump l’anno scorso. 

Tasso d'inflazione in Iran negli ultimi cinque anni

Per entrare più nel dettaglio di questo punto, Cointelegraph ha intervistato Jeremy Joo, CEO di Unicoindcx e membro di G1, gruppo malese per la blockchain. L’esperto si trova spesso a collaborare con società e startup dell’ecosistema criptovalutario iraniano. A suo avviso, molti cittadini del Paese i quali fino ad oggi non avevano gli strumenti per trasferire il proprio denaro al di fuori dei confini hanno cominciato ad approcciarsi sempre di più al BTC. Questo fenomeno è stato osservato in particolare tra i giovani. A tal proposito, Jeremy Joo ha così commentato:

"I giovani hanno avviato piccole attività di mining. I costi per l’energia elettrica sono molto bassi in Iran e nel 2017 la dogana non conosceva i macchinari per il mining, così molti furono lasciati entrare nel Paese, in particolare l’S9 e altri modelli equivalenti. Verso la fine del 2018 il governo ha finalmente preso coscienza di questi macchinari e ciò ha implicato un aumento dei prezzi. Tuttavia, questo non ha scoraggiato la popolazione."

L’esperto si è poi trovato concorde con la posizione di Mahyar secondo cui alcuni miner e titolari di criptovalute iraniani starebbero al momento sfruttando LocalBitcoins e gruppi che operano sui mercati OTC (che vantano importanti relazioni oltreoceano) per facilitare le loro transazioni di criptovalute al di fuori degli exchange.

Inoltre secondo Jeremy Joo, sebbene nel Paese esistano ancora piccoli gruppi di trader di criptovalute, gli iraniani non sono celebri per la loro conoscenza del mercato finanziario ma piuttosto per la loro competenza ingegneristica. Infatti, la maggior parte di questi trader è anche coinvolta in attività di mining di BTC o di ETH. A tal proposito l’esperto ha affermato quanto segue:

"Gli iraniani utilizzano le criptovalute come riserva di valore, proprio come in Venezuela dove la valuta nazionale si è rapidamente svalutata. Inoltre, in Iran nessun esercente accetta Bitcoin come modalità di pagamento e nel Paese non esistono e-wallet."

Costretti ad utilizzare criptovalute

Tralasciando le opinioni politiche, la triste realtà dell’Iran è che sin dalla rivoluzione del 1979 il Paese ha dovuto farsi carico di numerose sanzioni economiche nonché di molte altre questioni critiche come la svalutazione monetaria costante e l’elevata inflazione.

Le persone che vivono in Paesi come l’Iran, interessati da costanti rivolgimenti economici e sociali, sono costrette a ripiegare sulle criptovalute per tentare di tutelare il proprio patrimonio. Questo avviene perché il denaro digitale non può essere controllato o manipolato dai governi e da qualsivoglia altro istituto di credito.

In tal senso pare che i giovani, soprattutto quelli che intrattengono contatti con l’estero, si stiano affrettando ad approcciare le criptovalute poiché queste ultime costituiscono una alternativa migliore rispetto alla valuta nazionale.