La maggior parte degli investitori istituzionali si tiene alla larga dalle criptovalute: l'enorme volatilità di questa classe di asset rappresenta un grosso ostacolo per i gestori di fondi. È quanto dichiarato da Jared Gross, Head of Institutional Portfolio Strategy presso JPMorgan Asset Management:

"In quanto classe di asset, le crypto sono di fatto inesistenti per la maggior parte dei grandi investitori istituzionali. La volatilità è troppo alta, e la mancanza di un rendimento intrinseco rende le criptovalute una sfida troppo grande."

Gross ritiene inoltre che molti investitori istituzionali stiano "tirando un sospiro di sollievo per non essere entrati in questo mercato," ed è improbabile che assisteremo presto a un'adozione di massa.

Il mercato ribassista ha anche messo fine all'idea che Bitcoin (BTC) potesse essere una forma di oro digitale o fungere da copertura contro l'inflazione: dati i risultati degli ultimi mesi, ha osservato Gross, è "ovvio" che non sia così.

Il 2022 è stato un anno difficile per le criptovalute: Bitcoin è sceso dai 47.700$ di gennaio a meno di 17.000$ alla fine di dicembre. Nello stesso periodo, Ether (ETH) è passato da 3.700$ a 1.200$. La capitalizzazione di mercato totale delle criptovalute è invece crollata da 2.200 miliardi a circa 810 miliardi di dollari.

Sebbene le criptovalute vengano perlopiù escluse dai portfolio d'investimenti istituzionali, le grandi aziende finanziarie stanno sempre più abbracciando questa tecnologia. A ottobre, la più antica banca americana (BNY Mellon) ha annunciato che avrebbe custodito Ether e Bitcoin per conto di alcuni clienti istituzionali selezionati. Inoltre, la banca francese Société Générale ha ottenuto una licenza per operare come fornitore di servizi per asset digitali.

Secondo un recente report di JPMorgan Chase, quasi 43 milioni di americani (il 13% della popolazione) hanno posseduto crypto-asset almeno una volta nella vita. Una cifra significativamente maggiore rispetto al 2020, quando tale valore si attestava al 3%.