Dopo i massimi storici di novembre, Bitcoin si è avvitato in una spirale ribassista culminata con il crash del 4 dicembre, che ha generato perdite per oltre 2 miliardi di dollari e ha liquidato migliaia di trader retail esposti pesantemente in leva.

Questo scenario è stato determinato da una serie di fattori.

Sell-off in Cina

Il primo driver va ricercato senza dubbio nel sell off registrato nel quadrante asiatico dalla seconda metà di novembre.

L’analisi della price action durante gli orari di apertura dei mercati rileva una pressione di vendite senza precedenti proprio dall’Asia, che ha accompagnato tutto l’attuale ribasso.

La sell pressure dalla Cina è notevole da mesi. In primo luogo, il più grande exchange asiatico Huobi ha interrotto il servizio di trading e chiuso il proprio desk OTC in Cina, inducendo molte persone a vendere i propri BTC per l’impossibilità di effettuare trading in futuro (buona parte delle vendite sono state assorbite dai mercati europei e americani).

Consideriamo anche come molte banche e istituzioni finanziarie in Cina si trovino nella stessa situazione.

In tale ambito le attuali “svendite” sono quasi al capolinea, infatti la deadline per chiudere tutte le posizioni è il 31 dicembre, come da comunicazione di Huobi ai propri clienti cinesi.

De-risking degli investitori sui mercati tradizionali

Dopo il biennio 2020/21 caratterizzato da politiche monetarie ultra espansive, molti investitori si aspettano che nei prossimi anni le banche centrali invertano la tendenza, tagliando le misure di stimolo a base di Quantitative Easing e alzando i tassi d’interesse per contrastare l’inflazione.

Personalmente non vorrei essere nei panni dei decisori politici e delle banche centrali, che si trovano a dover bilanciare l'esigenza di politiche monetarie più rigide per contenere appunto i fenomeni inflattivi in atto (affossando così economia e i mercati azionari) o continuare con le politiche monetarie espansive rendendo di fatto l'iperinflazione endemica.

All'inizio degli anni '80, in un contesto simile, Reagan ebbe gioco facile ad aumentare i tassi d'interesse (portandoli a ridosso del 20%) aumentando però anche la spesa pubblica in combinazione a una decisa riduzione della pressione fiscale.

L'economia americana infatti era su livelli di indebitamento decisamente inferiori a quelli attuali. Ma con il livello di indebitamento odierno, quella strada è impraticabile.

In tale contesto, gli investitori continuano a ricalibrare i portafogli in vista del presunto cambio di politica monetaria delle banche centrali, anche se i livelli di drawdown sono decisamente ingiustificati e l'esposizione short di grandi e piccoli speculatori è oltre il livello di guardia.

Anche i report interni di alcune grandi banche d'affari segnalano la possibilità di uno short squeeze imminente, anche alla luce della stagionalità sull'azionario decisamente favorevole.

Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi giorni?

Sul fronte crypto le prossime settimane saranno prive di notizie significative, dunque le dinamiche dei prezzi di Bitcoin e delle altre criptovalute saranno determinate principalmente da fattori tecnici.

Con l'avvicinarsi del Natale i volumi di scambio diminuiranno, con il rischio di brusche oscillazioni dei prezzi.

Il range compreso fra 42.000 e 45.000 dollari continua a rappresentare un enorme bacino di liquidità in grado di resistere ai numerosi assalti da parte dei ribassisti, che da inizio dicembre sono in pieno controllo delle operazioni.

E, alla luce di tutti i fattori evidenziati in precedenza, non possiamo escludere ulteriori tentativi di sfondamento, anche in virtù dell'enorme pressione sull'azionario sulla scia del sentiment degli investitori retails in modalità risk-off.

Tuttavia il buy interest nella regione di supporto evidenziata è ancora elevato. Tecnicamente quest'area si consolida ad ogni tentativo di rottura fallito, frustrando le convinzioni dei ribassisti.

Infatti buona parte delle whale che hanno preso i profitti dopo il massimo storico di inizio novembre ha iniziato a riposizionarsi, assorbendo le recenti vendite derivanti dal panic selling e dalle numerose posizioni short dei piccoli investitori.

Riposizionamento che sta avvenendo proprio nella regione chiave 43.000-45.000$ indicata in precedenza.

Non è escluso che nei prossimi giorni Bitcoin vada a pesca di liquidità proprio in quell’area di prezzo, in modo da costruire una nuova struttura tecnica su cui impostare il prossimo impulso al rialzo.

In fondo, i prezzi tendono sempre a muovere in direzione della liquidità.

Per una netta inversione di tendenza, è assolutamente necessario un breakout tecnico della resistenza in area 48.000-50.000$.

Conclusioni

Mettendo a sistema tutti i dati fin qui analizzati, direi che lo scenario più verosimile è quello di un consolidamento di Bitcoin sui livelli di supporto attuali nella regione 45.000$, con la possibilità di minimi locali inferiori tendenti a intercettare il fiume liquidità presente in zona 42.000-44.000$, in modo da gettare le basi per una ripresa del rally nel Q1 2022.

Questa mia lettura è supportata dai dati della stagionalità del mercato azionario e, a tal proposito, voglio concludere con un focus proprio sulla stagionalità dell’indice Standard and Poor 500, indice di riferimento del mercato azionario americano.

Dall’inizio della pandemia Bitcoin ha mostrato una stretta correlazione con l’S&P 500, dunque è importante comprendere le dinamiche del mercato azionario proprio perché influiscono direttamente sulle sorti della criptovaluta principale.

Analizzando i dati dal 1970 a oggi, è chiaro come il mese di gennaio sia stato storicamente molto positivo dal punto di vista dei rendimenti dell’indice S&P 500.

Dunque se mettiamo a sistema questa informazione con il report di JP Morgan analizzato in precedenza, le probabilità che anche gennaio 2022 seguirà la stessa tendenza sono elevate.

E Bitcoin non potrà che beneficiare di un simile scenario.