Un nuovo report del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sostiene che i trader che trattano asset come Monero, Dash e Zcash svolgono "attività ad alto rischio".

Secondo il documento della Cyber Digital Task Force del Procuratore Generale degli Stati Uniti, dal titolo "Cryptocurrency: An Enforcement Framework", le criptovalute con caratteristiche di anonimato migliorate (AEC) possono essere utilizzate per aggirare le normative volte a contrastare riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo. La task force ha citato come esempio varie monete, tra cui Monero (XMR), Dash (DASH) e Zcash (ZEC).

Nel paper viene specificato:

"Il Dipartimento considera l'uso delle AEC come un'attività ad alto rischio, indicativa di una possibile condotta criminale. Le AEC sono spesso scambiate con altri asset virtuali, come Bitcoin, il che può indicare l’utilizzo di tecniche di stratificazione, messe in atto da utenti che cercano di nascondere comportamenti criminali". 

Secondo il report, chi detiene delle privacy coin può nascondere l'origine dei propri fondi usando coin mixer, tumbler o facendo chain hopping, minando così le normative antiriciclaggio e CFT.

Il chain hopping, che secondo il Dipartimento di Giustizia è "frequentemente utilizzato da individui che riciclano i proventi dei furti di monete virtuali", consiste nello scambiare i propri asset crypto con altri che si trovano su una blockchain diversa, come Bitcoin (BTC) ed Ethereum (ETH).

I coin mixers ed i tumbler rendono difficile per gli investigatori rintracciare i fondi: tramite questi software, le crypto di più trader diversi vengono “mischiate” prima di essere inviate al wallet di destinazione finale. Il documento cita in particolare uno strumento per la privacy chiamato Helix: il presunto responsabile è stato arrestato a febbraio con l'accusa di aver riciclato Bitcoin per un valore di oltre 311 milioni di dollari.

“Gli operatori di questi servizi possono essere penalmente responsabili del riciclaggio di denaro, poiché questi mixer e tumbler sono progettati specificamente per 'nascondere o mascherare la natura, l'ubicazione, la fonte, la proprietà o il controllo' di una transazione finanziaria.”

Pubblicato l’8 ottobre, il documento del DOJ è costituito da 83 pagine che contengono linee guida ufficiali per il mercato crypto americano. Tra le affermazioni più interessanti, si segnala in particolare che il Dipartimento ha rivendicato la propria giurisdizione anche su individui e aziende che, pur non essendo residenti negli Stati Uniti, svolgono transazioni crypto tramite server basati negli USA.