Secondo uno studio pubblicato dal National Bureau of Economic Research (NBER) il 21 ottobre, 11.043 entità on-chain rappresentano il 55% del volume sulla rete Bitcoin. Si stima che gli exchange di criptovalute occupino i tre quarti del volume on-chain.

Il rapporto evidenzia che i primi 1.000 maggiori investitori controllano circa 3 milioni di BTC o il 15,9% del circolante. I successivi 9.000 detengono circa 2 milioni di BTC, equivalenti al 10,6% del circolante.

Gli autori del rapporto evidenziano che la rete rimane altamente centralizzata, nonostante l'ondata di nuovi investitori attratti dal mercato rialzista del 2021, affermando:

"L'ecosistema Bitcoin è ancora dominato da grandi attori, che si tratti di miner, possessori di Bitcoin o exchange".

Tuttavia, lo studio sottolinea che i possessori individuali di Bitcoin rappresentano attualmente 8,5 milioni di BTC, pari al 45,1% dell'offerta.

Il NBER ha anche identificato una significativa concentrazione nel settore del mining di Bitcoin, stimando che il 10% dei miner controlla il 90% dell'hashrate globale. Il rapporto aggiunge che circa 50 miner (circa lo 0,1% della rete) rappresentano il 50% della potenza di hash totale della rete Bitcoin.

Malgrado il NBER sostenga che la centralizzazione dell'hash rate possa far incorrere alla rete Bitcoin un rischio significativo di attacco del 51%, il rapporto non offre una situazione ipotetica in cui i maggiori miner del mondo siano davvero incentivati a lanciare un attacco alla rete.

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Secondo il Bitcoin Electricity Consumption Index (BECI) della Cambridge University, la distribuzione globale di hashpower è significativamente cresciuta da settembre 2019, quando il controllo cinese raggiunse il massimo picco del 75,5%.

Nonostante il giro di vite cinese sulle attività di mining di Bitcoin sia considerato il principale motivo dell'esodo dei miner in Nord America, Asia centrale ed Europa orientale, i dati del BECI suggeriscono che l'hashpower cinese fosse già scesa del 40% prima della repressione normativa di aprile.