MicroStrategy, azienda di business intelligence, è balzata agli onori della cronaca prima di Capodanno per la vendita di una parte delle sue partecipazioni in Bitcoin (BTC), attirando l'attenzione di esperti e critici del settore.

Il 28 dicembre, in un documento depositato presso la Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti, è stata descritta la prima volta in cui l'azienda ha venduto una parte dei suoi BTC dopo l'adozione della criptovaluta come asset principale della sua tesoreria.

MicroStrategy ha fatto scalpore nel settore nel 2021, quando ha iniziato ad accumulare ingenti quantità di BTC, con il fondatore Michael Saylor che ha indicato l'asset come una riserva di valore superiore alla valuta fiat come motivo principale della scelta.

Dato il ruolo di Saylor come convinto sostenitore di Bitcoin durante gli ultimi due anni, la decisione di MicroStrategy di vendere parte dei BTC ha attirato l'attenzione del settore. Tuttavia, il documento SEC dell'azienda evidenzia il chiaro intento di generare un beneficio fiscale.

Tra il 1° novembre e il 21 dicembre la controllata di MicroStrategy, MacroStrategy, ha acquistato 2.395 BTC per circa 42,8 milioni di dollari, ad un prezzo medio di 17.871$ per BTC. Successivamente, il 22 dicembre ha venduto 704 Bitcoin ad un prezzo medio di 16.776$ per Bitcoin per 11,8 milioni di dollari, evidenziando l'intenzione di ridurre la propria fattura fiscale:

"MicroStrategy prevede di riportare le minusvalenze derivanti da questa transazione a fronte di precedenti plusvalenze, nella misura in cui tali riporti sono disponibili in base alle leggi federali sull'imposta sul reddito attualmente in vigore, il che potrebbe generare un beneficio fiscale."

Cointelegraph ha contattato Selva Ozelli, avvocato fiscalista internazionale e CPA, allo scopo di analizzare la vendita di Bitcoin da parte di MicroStrategy e le ragioni che l'hanno determinata. Come illustra l'avvocato, la vendita di criptovalute a scopo di lucro in America richiederebbe il pagamento di un'imposta sulle plusvalenze:

"Alcuni investitori scelgono di ridurre le loro plusvalenze in un determinato anno fiscale vendendo parte dei loro asset digitali in perdita. Si tratta del cosiddetto tax-loss harvesting".

Ozelli ha affermato che questa pratica è comune per gli individui che operano nel settore delle criptovalute, dato che gli asset come BTC sono trattati come proprietà dall'Internal Revenue Service (IRS) e sono soggetti alle regole sulle plusvalenze e le minusvalenze:

"Inoltre, non si applica la regola della vendita di titoli in perdita, che vieta di vendere titoli in perdita e riacquistarli entro 30 giorni. Poiché la criptovaluta non è un titolo, non esiste una regola specifica per la vendita di titoli".

MicroStrategy ha sfruttato questa eccezione, riacquistando 810 BTC per circa 13,6 milioni di dollari in cash solo due giorni dopo aver realizzato una perdita sulla vendita di una parte delle sue partecipazioni.

Ozelli ha sottolineato come la volatilità dei prezzi delle criptovalute rappresenti un'opportunità per gli investitori retail e istituzionali di realizzare e raccogliere perdite in conto capitale. La sfida sta nell'individuare gli asset che presentano le maggiori opportunità di risparmio fiscale:

"La parte difficile per gli investitori è identificare quali asset digitali in portafoglio presentano la base di costo più alta (prezzo di acquisto originale) rispetto al prezzo di mercato attuale".

I token non fungibili (NFT) rappresentano un'altra possibilità per ridurre le imposte. Il famoso DJ Steve Aoki ha venduto una serie di NFT su OpenSea, e la sua attività è visibile pubblicamente sul suo profilo verificato.

I rapporti ipotizzano che Aoki possa aver cercato di effettuare una raccolta di perdite fiscali. Cointelegraph ha contattato l'addetto stampa del DJ per accertare il motivo della vendita di centinaia di NFT della sua vasta collezione.