“Decentralizzazione” è una parola che racchiude tanto potere e tantissime speranze. Nel corso degli anni, però, è diventato dolorosamente chiaro che a questo concetto non viene tributato il rispetto che merita. Le conseguenze di ciò possono essere davvero pericolose. 

Viviamo in un mondo dove le DAO non sono DAO, dove i validatori indipendenti non sono indipendenti, e dove i dipartimenti di PR sorvolano sul fatto che alcuni progetti blockchain sono molto più centralizzati di quanto possano sembrare. 

Innumerevoli appassionati di crypto hanno investito emotivamente e finanziariamente in progetti “decentralizzati”, convinti che queste piattaforme avrebbero portato un cambiamento e speranzosi di poter dare un contributo duraturo a rendere il mondo un posto migliore. 

Già a settembre dello scorso anno, Glassnode si chiedeva se Uniswap fosse davvero così decentralizzato come sosteneva di essere. Una "parte enorme" del supply totale di token UNI, il 40% per l'esattezza, è stata assegnata al team e agli investitori della piattaforma, e l'unico soggetto che ha abbastanza UNI per presentare una proposta di governance è Binance, un rivale centralizzato di Uniswap. Glassnode ha poi accusato il team di Uniswap di marketing "alquanto ingannevole", aggiungendo:

"La narrazione per cui sarebbe in atto un cambiamento di paradigma verso la proprietà decentralizzata in capo alla community sembra quindi un falso."

A marzo 2020, invece, la presunta blockchain decentralizzata Steem ha subito un "attacco ostile" da parte del fondatore di Tron, Justin Sun. Un importante stakeholder, Dan Hensley, ha accusato Sun di essersi fatto strada in Steem con "denaro, potere e utenti", arrivando ad affermare che "Sun ha trasformato Steem in una security centralizzata".

Quando è troppo è troppo. 

Ci sono diverse lezioni da imparare

Per capire perché una finta decentralizzazione può essere realmente pericolosa, propongo un esempio reale.

10 anni fa ho chiesto alla mia ragazza di sposarmi mentre eravamo su una barca nel bel mezzo del Nilo. Lei ha detto di sì. Siamo tornati nel Regno Unito desiderosi di andare di nuovo in vacanza nell'Alto Egitto. 

Poco tempo dopo iniziarono le fallite rivolte egiziane contro il governo. Il mio background da giornalista, aggiunto alla paranoia mostrata dal governo autoritario del Paese, rendeva un ritorno troppo pericoloso. 

A quei tempi i manifestanti filodemocratici, che erano per lo più giovani, laici e "connessi", si affidavano alle piattaforme social e alle applicazioni di messaggistica, credendo che fossero abbastanza decentralizzate da dare un'immagine corretta e precisa di ciò che stava accadendo in Egitto. 

La loro fede si è rivelata mal riposta. 

Prima che il loro movimento venisse schiacciato, ho scritto un articolo su questo nuovo ed eccitante caso d'uso della tecnologia: un’arma contro con le emittenti centralizzate, controllate dallo Stato. Ero stato ingenuo: Twitter e Facebook si sono rivelati organizzazioni centralizzate come qualsiasi altra. Queste piattaforme si sono rapidamente trasformate in strumenti di oppressione, censura e propaganda da parte delle varie forze che operano in Egitto (compresi i militari, gli estremisti islamisti e le potenze straniere). I fornitori di servizi Internet hanno consegnato i dati degli utenti al governo, per cui chi amministrava le pagine Facebook e chi ci scriveva ha perso la libertà. Alcuni hanno perso molto di più. 

Internet è nato libero, ma le decisioni prese dalle grandi società hanno infettato questa tecnologia rivoluzionaria con il virus della centralizzazione. Da allora diverse reti blockchain decentralizzate, tra cui Ethereum, hanno subito un destino simile. 

Bisogna imparare le lezioni. Ora sappiamo che la decentralizzazione può diminuire nel tempo, a meno che non si affronti la questione di petto. L'unico modo per farlo è di integrare questo principio nella blockchain stessa fin dal primo giorno. 

Come deve essere la decentralizzazione 

Dopo anni di promesse non mantenute e di delusioni, non c'è da meravigliarsi che si sia perso il significato stesso del termine "decentralizzazione". Gli appassionati crypto hanno dovuto abbassare le loro aspettative e accontentarsi degli attuali modelli di governance, con tutti i loro lati negativi. 

Dobbiamo fare un passo indietro e riconoscere che esistono profonde imperfezioni in molte blockchain. Questi difetti, che spesso causano ingiustizia e mancanza di trasparenza, ci trascinano di nuovo nel mondo centralizzato che stiamo cercando di evitare. 

Prendiamo ad esempio il sistema delle sovvenzioni. A prima vista, questi programmi possono diffondere ricchezza e influenza in una community, ma se guardiamo un po' più da vicino ci rendiamo conto che le cose funzionano in modo diverso.

Come ha scritto recentemente Lane Rettig, le sovvenzioni sono spesso molto centralizzate. I fondatori delle piattaforme le usano per promuovere programmi già esistenti, e i fondi tendono ad essere dati a persone che già conoscono e di cui si fidano. Può essere un terreno fertile per i pregiudizi e per il nepotismo, e ciò significa che quanto promesso dalla blockchain, ovvero "l'innovazione permissionless", non viene realizzato. Rettig ha sottolineato come alcune delle più grandi sovvenzioni erogate dalla Fondazione Ethereum siano state assegnate agli amici più stretti di Vitalik Buterin, aggiungendo:

"Non ho ancora visto un programma di sovvenzioni ben gestito nel mondo blockchain". 

Non deve essere per forza così. E se invece si tenessero dei contest? In questo modo tutti i membri della community potrebbero dire la loro su come vengono distribuiti i fondi, creando così un sistema meritocratico in cui i token vengono assegnati in base al talento, non alle conoscenze. I risultati delle votazioni verrebbero registrati on-chain, il che significa che ogni conflitto di interessi sarebbe più facile da individuare. Meglio ancora, renderebbe più semplice essere coinvolti nelle attività di una community. Le persone più silenziose hanno spesso le idee migliori. 

Ma la nostra lotta contro la strisciante minaccia della centralizzazione non finisce qui. 

La quantità di fondi necessari per lo staking è spesso proibitiva. E quando un individuo fa stake con un validatore, questo significa che egli sta rinunciando al diritto di votare come meglio ritiene, perché il validatore prenderà decisioni al posto suo. Ma cosa succederebbe se tutti questi individui mantenessero il loro diritto di voto durante il processo di staking, impedendo che il potere si concentri nelle mani di pochi? 

C'è ancora molto lavoro da fare. La governance decentralizzata funziona solo se è veramente scalabile. Se una rete va in crash perché vogliono partecipare 100, 1.000 o 1.000.000.000 persone, è finita. Le blockchain devono essere costruite pensando a una messaggistica su larga scala e devono essere in grado di gestire un elevato flusso di transazioni sicure, consentendo lo svolgimento di votazioni e concorsi su larga scala in tempo reale. 

E infine, ma non meno importante, ci devono essere incentivi a partecipare nel lungo termine. I gruppi di sub-governance sono fondamentali in questo caso, in quanto possono dare ai singoli individui la libertà di costruire la loro esperienza e la loro reputazione nelle aree di loro maggiore interesse. Sei appassionato di social media strategy? C'è un gruppo. Sei affascinato da come vengono mantenuti i core node? Un altro gruppo. 

Quando la gente vedrà coi propri occhi che è possibile combinare una governance decentralizzata con del denaro decentralizzato, non si tornerà più indietro: le blockchain che hanno solo l'apparenza della decentralizzazione saranno messe con le spalle al muro.  

Spero sia solo una questione di tempo prima che questo nuovo modo di collaborare, libero da qualsiasi controllo o gerarchia o manipolazione centrale, raggiunga le persone in ogni Paese... compreso l'Egitto. 

Le opinioni, i pensieri e i punti di vista espressi nel presente articolo sono esclusivamente ascrivibili all'autore e non riflettono o rappresentano necessariamente le opinioni e i punti di vista di Cointelegraph. 

Sharif Sakr è un ex giornalista della BBC e di Engadget. Ora lavora come product management specialist per il fondo di investimento blockchain BR Capital, oltre a tenere dei workshop in product management presso l'Università di Oxford. Inoltre, è stato uno dei membri iniziali della Free TON Community.