L’apertura di PayPal alle criptovalute ha dato una spinta importante al settore, ma ci sono implicazioni fiscali poco comprese dai novellini del mondo crypto. 

Gli utenti PayPal saranno presto in grado di utilizzare gli asset digitali per gli acquisti presso i suoi 26 milioni di commercianti di tutto il mondo. L'azienda ha quasi 350 milioni di utenti attivi a livello globale e Alex Mashinsky, CEO della piattaforma crypto Celsius, ha previsto che questa integrazione potrebbe portare all'ingresso di "milioni di nuovi clienti".

Purtroppo, tali utenti potrebbero trovarsi di fronte ad un vero e proprio incubo fiscale a causa della natura volatile degli asset crypto e dai requisiti di rendicontazione. 

Secondo l'Internal Revenue Service (IRS), gli asset digitali come il Bitcoin sono una proprietà, non una valuta. Ciò significa che ogni volta che si vende, si scambia o si utilizza una criptovaluta per acquistare qualcosa, siamo in presenza di un evento imponibile. Nel comunicato stampa a commento della notizia, PayPal afferma che fornirà anche funzionalità tipiche degli exchange oltre che quelle dei gateway di pagamento: 

"I consumatori saranno in grado di convertire istantaneamente le loro criptovalute in valuta fiat, con certezza di valore e senza costi incrementali."

Tuttavia, PayPal non consentirà di portare le crypto al fuori dalla piattaforma, cioè di prelevarle e inviarle ad una banca oppure di restituirle al wallet da cui provengono. La vendita di criptovalute all'interno di PayPal innesca un evento imponibile, così come l'acquisto di qualsiasi prodotto, dato che PayPal converte gli asset digitali in valuta fiat prima di pagare il commerciante. Poiché Bitcoin e le crypto sono volatili, gli utenti saranno soggetti ad una significativa imposta sul capital gain, con riferimento al valore guadagnato dall’asset a partire dal momento in cui è stato acquistato fino a quello in cui è stato speso. 

Questo non è un problema fintanto che gli utenti calcolano le tasse separatamente, ma è improbabile che la maggior parte dei nuovi utenti comprenda le implicazioni e i requisiti fiscali. 

Supponiamo ad esempio che un cliente acquisti un nuovo televisore da uno degli esercenti di PayPal pagando 0,1 BTC. Il consumatore rischia di subire un guadagno (o una perdita) in conto capitale a seconda della variazione di valore di quel 0,1 BTC dal momento in cui l'ha acquistato. Ad esempio, se questo 0,1 BTC valesse ora 1000 dollari in più rispetto a quando è stato acquistato, "sarebbe necessario segnalare questa plusvalenza nella dichiarazione dei redditi e, a seconda dello scaglione di imposta in cui si rientra, si pagherebbe una certa percentuale di tassa sulla plusvalenza."

PayPal ha spiegato che parteciperà al reporting delle informazioni fiscali rilevanti per gli utenti, ma ha comunque sottolineato che le persone fisiche sono singolarmente responsabili per le proprie dichiarazioni dei redditi:

"È vostra responsabilità determinare quali tasse, se presenti, si applicano alle transazioni effettuate utilizzando il vostro Cryptocurrencies Hub. È possibile accedere alla cronologia delle transazioni e agli estratti conto attraverso il proprio conto PayPal per determinare le eventuali richieste di pagamento delle tasse."

È probabile che le autorità fiscali statunitensi richiederanno l'accesso alle informazioni presenti sugli account, di modo da verificare le dichiarazioni. Inizialmente, PayPal offrirà i suoi nuovi servizi di pagamento crypto solo ad utenti statunitensi, ma il programma potrebbe essere lanciato a livello globale già a partire dall'anno prossimo. 

Anche il Regno Unito ha una regolamentazione simile per quanto riguarda l'imposta sulle plusvalenze; l'HMRC (Her Majesty's Revenue and Customs) alla fine del 2019 ha iniziato a sottoporre a sempre maggiori controlli i crypto trader. Anche gli investitori crypto australiani sono soggetti all'imposta sul capital gain e persino alla tassa sul reddito se guadagnano asset digitali. In entrambi i Paesi è richiesta la segnalazione delle crypto possedute.