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Uno degli aspetti più discussi su Bitcoin (BTC) è il tema della privacy e dell’anonimato. Bitcoin negli anni è stato sia presentato come perfettamente anonimo che come perfettamente trasparente, creando un po’ di confusione per tutti coloro che ne sentono parlare solo superficialmente. Questo è dovuto alla doppia natura di Bitcoin, dato che da un lato il suo utilizzo non richiede mai di palesare la propria identità anagrafica, permettendoci di nasconderci dietro ad anonime chiavi pubbliche, mentre dall’altro tutte le transazioni che facciamo sono visibili a chiunque osservi la blockchain. Ciò rappresenta l’esatto opposto dei sistemi di pagamento digitali tradizionali, dove ogni movimento è associato alla nostra identità reale, ma al contempo i movimenti stessi sono visibili solo al gestore del sistema, non al mondo intero: questo rende pertanto Bitcoin un paradigma a cui non siamo abituati e quindi facile da mal interpretare.

Questa ambiguità ha portato da un lato i media ad accusare Bitcoin di essere usato dai criminali per via della sua anonimità, e dall’altro alcuni esponenti del settore (tra cui di recente l’exchange italiano The Rock Trading) ad affermare che Bitcoin è perfettamente tracciabile e quindi impossibile da usare per scopi illeciti. Ovviamente Bitcoin non è perfettamente anonimo, ma la narrativa portata avanti da certi attori che presenta la trasparenza delle transazioni su blockchain come una feature invece che un bug è forse ancora più dannosa della disinformazione dei media e dei politici stessi. Bitcoin non è ad oggi uno strumento perfettamente anonimo ma, data la sua value proposition, deve ambire a diventarlo.

Ciò che la gente spesso dimentica è che Bitcoin è nato solo ed esclusivamente per offrire uno strumento per scambiare valore senza rischi di interferenze esterne alle parti coinvolte nella transazione. Questo vuol dire che all’interno del framework filosofico in cui opera è assolutamente accettabile che i criminali lo usino per trasferire valore: è accettabile perché il fine che si raggiunge è molto più importante, ovvero fornire alle entità autoritarie uno strumento in meno per l’accentramento del potere. La concentrazione del potere ha infatti nella storia fatto molti più danni alla società rispetto alla criminalità, causando centinaia di migliaia di morti solo nell’ultimo secolo attraverso guerre, genocidi e disastri ecologici portati avanti da regimi autoritari, un prezzo talmente alto da rendere difficile immaginare benefici portati dai governi centrali tali da compensarlo. Per questo motivo, il fatto che un sistema finanziario che protegge la privacy dei suoi utenti faciliti potenzialmente anche attività criminali è un male da considerare accettabile per poter mitigare un male maggiore, rendendo quindi più difficile per gli accentratori di potere interferire nella vita finanziaria di oppositori politici o competitor di altro genere.

Tuttavia, nell'attuale situazione politica in Occidente la maggior parte della popolazione non sposa a pieno la visione libertaria di massimizzazione della libertà individuale che elimina quindi ogni ruolo dello Stato nelle attività di vigilanza. La maggioranza preferisce infatti un qualche equilibrio tra la privacy individuale e la sicurezza che gli enti governativi possono offrire, considerando quindi entrambi gli estremi come non desiderabili. Anche in questa visione, il ruolo di Bitcoin come strumento che dà più potere all'individuo e meno alle autorità di vigilanza è comunque molto importante. Infatti, lo sviluppo tecnologico sta sicuramente fornendo ai governi sempre più strumenti per vigilare sui cittadini, come ad esempio la crescente diffusione dei pagamenti digitali tracciabili e gli algoritmi di riconoscimento facciale per monitorare anche gli spostamenti fisici, sbilanciando quindi la società verso l’estremo dove l’individuo è meno libero e le autorità più potenti. Al fine di mantenere l’attuale status quo è quindi bene che anche gli individui sviluppino e adottino tecnologie come Bitcoin per compensare il crescente potere in mano allo Stato e preservare l’equilibrio attualmente considerato come desiderabile, invece che sperimentare modelli di controllo totale sui cittadini che potrebbero portare a situazioni estreme non testate e sgradevoli.

Al di là di quello che possiamo ritenere un livello di privacy ideale, rimane la domanda: ma Bitcoin è da considerarsi anonimo o trasparente? La verità è che, come per internet, il livello di privacy di cui può beneficiare un utente dipende principalmente dal suo comportamento. Esistono infatti strumenti per migliorare il proprio livello di privacy, ma spesso comportano dei compromessi a livello di usabilità, richiedendo quindi che l’utente sia motivato a cercare attivamente di lasciare meno informazioni possibili riguardo la propria vita finanziaria, sforzandosi di seguire alcune best practices. Alcuni esempi sono l’uso di connessione tramite network Tor per non mostrare il proprio indirizzo IP, l’affidarsi a un proprio full node per monitorare le transazioni in entrata invece che a un servizio esterno in modo da non rivelare i propri indirizzi a terze parti, e l’utilizzo di protocolli come CoinJoin per mischiare le proprie transazioni con altri utenti in modo rendere più difficile la deanonimizzazione dalla semplice osservazione della blockchain.

Proprio riguardo all’osservazione della blockchain, vi sono società di blockchain analisys che dichiarano di essere in grado deanonimizzare gli utenti Bitcoin analizzando le transazioni su blockchain grazie ad algoritmi proprietari che permettono di creare cluster di indirizzi e identificare il wallet di un utente e i suoi rapporti con altri attori nel network. Sebbene sia sicuramente possibile estrapolare informazioni dai dati presenti in blockchain, specialmente quando gli utenti non prendendo le precauzioni necessarie per massimizzare la propria privacy, questi algoritmi di deanominizzazione si basano su assunzioni ed euristiche non del tutto affidabili. Per esempio, una delle euristiche alla base della blockchain analisys è l’idea che tutti gli input di una transazione appartengano allo stesso utente, fatto che in linea di massima oggi nella maggior parte dei casi è vero, ma esistono vari modelli per costruire transazioni che violano questa assunzione, quali CoinJoin e Pay-to-end-point. Ciò vuol dire che nel migliore dei casi un’azienda che fa blockchain analysis è in grado di fornire sospetti su chi può essere la persona che si nasconde dietro una transazione Bitcoin, ma non sarà mai in grado di fornire prove certe: sicuramente nulla che possa essere usato per incriminare un utente in giudizio nell’eventualità di casi giudiziari.

Inoltre, se Bitcoin riuscirà a scalare e a gestire un elevato numero di utenti, la situazione per chi fa analisi della blockchain non può che peggiorare. È infatti probabilmente impossibile far scalare un sistema finanziario decentralizzato manendo la trasparenza globale e non è realistico pensare che un sistema dove tutti possono avere visione dell’intero storico delle transazioni possa gestire miliardi di utenti, in quanto la mole di dati che tutti dovrebbero validare sarebbe immensa. Le prime soluzioni di scalabilità come il Lightning Network già dimostrano come la normale evoluzione di un sistema monetario decentralizzato sia quella di rinunciare al consenso globale, e avere transazioni finanziarie visibili solo alle parti coinvolte. Ciò vuol dire che se Bitcoin scala, osservando la blockchain si avrà visione solo di una piccola frazione delle transazioni che avvengono realmente, rendendo i tentativi di monitoraggio del comportamento degli utenti ulteriormente inefficaci.

Il fatto che la scalabilità porti indirettamente anche vantaggi di privacy fa sì che persino utenti che non sarebbero disposti a compiere sacrifici in termini di costi e usability per mantenere i propri movimenti più confidenziali si ritrovano con un incentivo economico a lasciare meno tracce sulla blockchain, migliorando quindi il cosiddetto anonymity set per tutti gli utenti. Il concetto di anonymity set si riferisce a quanto è grande il gruppo di persone tra cui ci si nasconde per non essere facilmente tracciabili. Se sei l’unica persona a indossare una maschera rimani facilmente identificabile, ma se tutti indossano la stessa maschera allora ognuno guadagna in anonimato: allo stesso modo, se solo poche persone si assicurano di massimizzare la privacy delle proprie transazioni, queste rimarranno sempre associabili a un gruppo ristretto, mentre se tutti, anche coloro che non sono interessati alla privacy, cercano di massimizzarla ugualmente per perseguire obiettivi di efficienza, come nel caso del Lightning Network, ecco che ognuno inizierà a beneficiare di un anonymity set molto più ampio.

Conclusioni

Avere un sistema monetario decentralizzato che garantisce buoni livelli di privacy ai propri utenti è una buona cosa. Bitcoin, entro certi limiti e a patto che si prendano le precauzioni necessarie, già può fornire livelli di riservatezza maggiore rispetto ad ogni altro sistema di moneta digitale, nonostante certe aziende provino a vendere formule magiche di deanonimizzazione sperando che il regolatore imponga l’acquisto dei loro servizi a tutti gli operatori del settore. Fortunatamente, se Bitcoin avrà successo nel raggiungere livelli di scalabilità simili ai competitor centralizzati, la privacy offerta non potrà che migliorare, imponendosi quindi sempre di più come efficace strumento di mitigazione di possibili derive autoritarie degli organi governativi e ristabilendo lo status quo in cui l’umanità ha vissuto per decine di migliaia di anni dove le transazioni finanziarie sono una cosa che riguarda solo le parti coinvolte, e non sono soggette ad interferenze esterne.

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