Secondo una nuova ricerca, i criminali che utilizzano crypto per commettere reati hanno maggiori probabilità di ricevere una sentenza più severa nei tribunali australiani. 

Lo studio, intitolato "Crime and Cryptocurrency in Australian Courts" (Crimine e criptovalute nei tribunali australiani), pubblicato lunedì sulla Monash University Law Review, rivela che l'uso di criptovalute nell'attività criminale sia considerato indice di un maggiore "grado di pianificazione e sofisticazione", che porta il tribunale a "considerare la deterrenza generale al di sopra di altri scopi di condanna".

"Ottenere e utilizzare le criptovalute per i pagamenti richiede un maggior grado di competenza tecnica rispetto alla popolazione, che potrebbe non avere familiarità con questi pagamenti".

Lo studio ha analizzato 103 casi presentati ai tribunali australiani tra il 2009 e il 2020, con particolare attenzione a 59 casi penali ed alle relative procedure di condanna.

Non così sofisticato

Gli autori dello studio, Aaron Lane e Lisanne Adam, rilevano che i tribunali australiani percepiscano l'uso delle crypto come indice di "sofisticazione tecnica" e "offuscamento intenzionale".

Tuttavia, i due autori sostengono che i tribunali australiani potrebbero essere "troppo ansiosi di adottare una caratterizzazione relativamente semplicistica" dell'uso delle crypto nelle attività criminali, sostenendo che non tutti gli utilizzi indichino lo stesso livello di sofisticazione:

"La sofisticazione esiste in uno spettro".

I tribunali devono essere in grado di distinguere tra i diversi tipi di transazioni in criptovaluta utilizzate dagli autori dei reati, soprattutto in considerazione del fatto che l'adozione degli asset digitali continua ad aumentare.

Gli autori di reati che hanno utilizzato crypto exchange centralizzati – dove i requisiti Know Your Customer (KYC) consentono una facile identificazione – non dovrebbero essere trattati similmente ai criminali che utilizzano intenzionalmente wallet anonimi non custoditi o servizi di mixing per oscurare i dati delle transazioni.

Le criptovalute e gli asset digitali sono da tempo considerati da diversi attori come strumenti correlati ad attività illegali, probabilmente a causa dell'associazione iniziale di Bitcoin al famigerato mercato nero sulla darknet, Silk Road.

Sebbene tale associazione negativa incomba ancora sul settore degli asset digitali, la quantità di criptovalute utilizzate per attività illecite non è mai stata così bassa, secondo un recente rapporto di CipherTrace.

Il rapporto stima che l'attività illecita sia compresa tra lo 0,62% e lo 0,65% della complessiva attività crypto del 2020, per poi scendere allo 0,10% e allo 0,15% nel 2021.