Nel contesto attuale, che già risulta essere ostico per l’industria degli asset digitali a seguito delle numerose bancarotte d'alto profilo avvenute nel 2022, le Central Bank Digital Currencies (CBDC) vengono spesso percepite come una potenziale minaccia per le criptovalute.
Non si tratta di un’esagerazione, poiché gli obiettivi delle autorità finanziarie riguardanti le CBDC sono relativamente semplici: ritornare a un controllo più stretto sulla massa monetaria prima che diventi eccessivamente decentralizzata.
I governi di tutto il mondo si stanno sempre più attivando a riguardo. Stando a un sondaggio condotto dalla Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), il 93% delle banche centrali sta già compiendo ricerche sulle CBDC: entro il 2030, ce ne potranno essere in circolazione fino a 24 diverse.
Quello che però manca all’interno del dibattito pubblico sulle CBDC, specialmente all’interno della community crypto, è che – a parte le criptovalute – le CBDC hanno in realtà un avversario molto potente: le banche.
Per gli istituti finanziari privati, l’idea di un ecosistema di pagamento controllato totalmente dallo Stato rappresenta una grave minaccia, non meno rispetto alle criptovalute. Le banche proveranno a ostacolare la rivoluzione delle CBDC, oppure le accoglieranno?
In che modo le CBDC competono con le banche?
Jamie Dimon, CEO di JP Morgan, è noto per la sua posizione contraria alle criptovalute: in passato, ha definito l'intero settore "un grande schema Ponzi decentralizzato." Il suo parere sulle CBDC è altrettanto negativo:
"Non mi fido che saranno fatte correttamente. [...] I servizi bancari sono molto di più del semplice token che sposta denaro. Ci sono servizi di allerta sul rischio di frode, call center, filiali, ATM, CRA."
Sebbene i servizi bancari vadano ben oltre il movimento di denaro, questo sistema verrebbe meno in caso di disinvestimento di massa, anche se avvenisse esclusivamente tra i singoli clienti, per non parlare delle aziende.
Permettendo alle persone e alle società di detenere ed effettuare transazioni direttamente con la banca centrale, le CBDC potrebbero ridurre il numero di depositi e di conti correnti, e, di conseguenza, la massa monetaria in mano agli istituti bancari privati diminuirebbe.
In un recente articolo su questo tema, Yanis Varoufakis, ex ministro delle finanze greco, ha citato il caso di First Republic Bank. A maggio, quando First Republic ha dichiarato bancarotta, i suoi asset sono stati venduti a JP Morgan violando la principale regola della Federal Deposit Insurance Corporation, la quale vieta a una banca che possiede più del 10% dei depositi assicurati negli Stati Uniti di acquisire un’altra banca statunitense.
Sebbene l’episodio – sanzionato dal governo degli Stati Uniti – introduca ancora più rischi potenziali nel sistema finanziario, si sarebbe potuto facilmente evitare con l’aiuto delle CBDC. La Federal Reserve avrebbe potuto direttamente salvaguardare i fondi dei clienti di First Republic inserendoli nei depositi CBDC garantiti dalla Fed. In questo scenario, JP Morgan non avrebbe ottenuto 92 miliardi di dollari di nuovi depositi.
Would a U.S. #CBDC replace cash or paper currency? (1/3)
— Federal Reserve (@federalreserve) February 15, 2022
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Ma le CBDC rappresentano una minaccia non soltanto per le grandi istituzioni. In uno scenario di shock economico, in cui i clienti desiderano un luogo sicuro in cui depositare i propri soldi, le banche più piccole sarebbero le prime a cadere: il panico spingerebbe infatti gli utenti a trasferire i loro fondi direttamente nelle banche centrali. In uno scenario del genere, le CBDC potrebbero addirittura peggiorare ulteriormente l’instabilità finanziaria, come sottolinea Jonathan Guthrie nel Financial Times.
Sono presenti anche altre problematiche, come, ad esempio, la potenziale competizione tra gli operatori pubblici delle CBDC e i loro partner privati. Al momento, le banche centrali tendono a limitare le loro ambizioni in materia di valute digitali ai soli pagamenti: ma cosa impedirebbe loro di ampliare la portata dei loro servizi in futuro?
I banchieri sono ben a conoscenza di questo scenario. Nell’aprile 2023, i rappresentanti degli istituti bancari europei sia pubblici che privati hanno espresso il loro cauto sostegno a un “euro digitale” – l’iniziativa auspicata dalle autorità dell’Unione Europea. Ma alcune dichiarazioni denotano un velo di preoccupazione. Jerome Grivet, vice direttore della banca francese Crédit Agricole, ha espressamente dichiarato che:
"Una CBDC potrebbe essere una minaccia per i modelli di business delle banche tradizionali, in quanto sarebbe in competizione con le loro attività e distruggerebbe la loro capacità finanziaria."
Per evitare ciò, Grivet sottolinea che l’euro digitale dovrebbe essere utilizzato come metodo di pagamento piuttosto che come riserva di valore. Burkhard Balz, membro del consiglio direttivo di Deutsche Bundesbank, ha suggerito inoltre che le banche centrali dovrebbero essere molto caute prima di espandere il loro ruolo nell’ecosistema dell’euro digitale. Sempre secondo Balz, dovrebbe essere il settore privato a occuparsi della distribuzione dell’euro digitale.
Sarebbe uno scenario così negativo?
"Non penso ci sia paura tra le banche nei confronti delle CBDC, almeno per il momento," spiega Nihar Neelakanti, CEO di Ecosapiens, a Cointelegraph. "Al momento c’è più curiosità su come questa tecnologia innovativa possa impattare il sistema finanziario."
Vi è anche la possibilità che gli istituti bancari privati assumano il ruolo di intermediari tra le piattaforme CBDC e i clienti, anche se questo dipenderà molto dalle decisioni politiche delle banche centrali. In tale scenario, le banche private potrebbero addirittura trarre profitto da questa nuova tecnologia.
Nessun esperto, però, si sognerebbe di negare le possibili minacce alla crescita delle banche private in uno scenario dove le banche centrali decidono di assumere il pieno controllo. E non si tratta solo di una questione di disintermediazione del sistema di pagamenti: cosa accadrebbe se le banche centrali decidessero di concedere prestiti ai clienti in maniera diretta?
"Teoricamente, dato che le banche centrali avrebbero il controllo sul database delle CBDC, potrebbero anche avere accesso diretto alla storia creditizia e al patrimonio di una persona," spiega Neelakanti. In questo caso i dati degli utenti diverrebbero talmente centralizzati, che le banche centrali potrebbero adattare i tassi di interesse al livello di affidabilità creditizia del singolo cliente:
"Potrebbe non esserci più un singolo tasso di interesse della Fed, ma piuttosto un tasso unico per ogni singolo debitore in qualsiasi Paese."
Ralf Kubli, membro del consiglio di amministrazione di Casper Association, si è affrettato a smentire questi timori, dichiarando a Cointelegraph: "Contrariamente a quanto si crede, le CBDC non offrono molto in termini di innovazione, al di là della semplificazione del processo di settlement."
Secondo l'analisi di Kubli, le CBDC sono essenzialmente solo una forma di settlement digitale che agisce come un mezzo di pagamento sopra un altro mezzo di pagamento. Non snelliscono quindi i processi di lavoro né quelli di vigilanza; sono soltanto utili a dare una ventata innovativa alle banche in un nuovo contesto competitivo. Kubli ritiene che un grosso cambio di paradigma nella finanza sia all’orizzonte:
"Per stare al passo con i cambiamenti sempre più frequenti del nostro mondo guidato dai dati, le banche devono adottare un approccio digitale alla finanza che incorpori la sicurezza, la trasparenza e l’immutabilità delle transazioni su blockchain."
Traduzione a cura di Giorgio Libutti