Un rapporto pubblicato dall'esercito degli Stati Uniti svela che la Corea del Nord possiede oltre 6.000 hacker, stazionati in nazioni come Bielorussia, Cina, India, Malesia e Russia.

Le loro operazioni vengono supervisionate dall'Ufficio 121, un'agenzia nordcoreana dedicata alla guerra informatica.

Il rapporto, dal titolo North Korean Tactics, suggerisce pertanto che gli hacker di Pyongyang non lanciano attacchi soltanto dalla Corea del Nord, in quanto il Paese non dispone dell'infrastruttura necessaria per gestire operazioni di tale portata.

Panoramica sugli hacker nordcoreani

BlueNorOff Group, divisione dedicata ai crimini di natura finanziaria, vanta circa 1.700 membri: il loro operato "si basa su valutazioni a lungo termine e sullo sfruttamento di vulnerabilità presenti nei network nemici."

Lazarus, il gruppo hacker nordcoreano più noto, ha condotto attacchi verso exchange crypto di alto profilo e rilasciato il famigerato malware WannaCry fra il 2016 e il 2017. È inoltre lo stesso gruppo dietro il celebre hack a Sony Pictures.

La loro missione è "creare caos sociale trasformando in armi le vulnerabilità nei network nemici, distribuendo software malevoli se così richiesto dal regime". L'esercito americano non è stato in grado di stimare quanti hacker facciano parte di questo gruppo.

A marzo, l'Office of Foreign Assets Control (OFAC) del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha sanzionato due cittadini cinesi accusati di aver riciclato criptovalute rubate nel 2018, tramite un attacco hacker collegato a Lazarus, da una piattaforma di trading.

Secondo le ultime segnalazioni, pare che i criminali informatici nordcoreani facciano uso di privacy coin non tracciabili per convertire i fondi rubati in contanti.