L’Italia è sull’orlo della recessione. L’Italia non potrà evitare il collasso. L’Italia si avvia verso il default. Però a breve la fase due per il rilancio. L’Europa non intende salvarci. L’Europa risponde un Quantitative Easing da 750 miliardi. Ma noi vogliamo gli Eurobond. La Merkel non vuole acconsentire agli Eurobond, e dai prendiamoci il Mes. Si può uscire a correre. Chi corre è un untore e bisogna lanciargli oggetti dal balcone. Non si deve uscire di casa per nessun motivo.

Però, se avete bambini, anziani, cani, gatti, pesciolini rossi, case, libri, auto, viaggi e fogli di giornale potete farvi un giro, ma almeno mettetevi la mascherina tarocca e #andràtuttobene, perché secondo le stime di qualcun altro abbiamo 5,9 milioni di contagiati in Italia, ma per ora ne abbiamo contati più o meno 120.000, e anche in fila per 3 col resto di 2 non tornano comunque i conti. Ma vabbè tanto io non posso ammalarmi perché l’ho già presa a dicembre e mi è passata, e comunque per sicurezza ho comprato su Amazon la cura e ogni sera metto l’amuchina e tachifludec nel latte e biscotti, funziona!

Sto bene infatti.

Quanto appena scritto è la fotografia di quello che sta accadendo in questi giorni. Infodemia. Caos sociologico prima ancora che economico e finanziario. Viviamo in un clima di confusione e angoscia generale. Notizie che si accavallano, si smentiscono, si rilanciano, il tutto condito con la giusta dose di complottismo e fake news che in tempi di crisi, si sa, non guasta mai. Non vale solo per il nostro Paese, anche tutti gli altri sono nella stessa situazione. La differenza è che noi italiani siamo un po’ più creduloni e chiacchieroni, ecco. E tutto ciò dà vita ad un carosello infinito di personaggi che nella noia “quarantenale” (per alcuni anche quarantennale!) delle proprie abitazioni strumentalizzano, sciacallano e sfruttano questa inaspettata visibilità virtuale per urlare ciò che vogliono. In fondo è così che abbiamo sempre scelto chi ascoltare, chi seguire e, piuttosto frequentemente, anche chi votare. Mio nonno diceva: in questo paese la ragione è di chi urla.

Penso che questo millennio ci stia dimostrando che basta davvero urlare per avere non solo ragione ma anche un futuro (per loro). Quel futuro che forse stanno togliendo ai nostri figli. Dato che sono 25 giorni che non esco di casa, almeno in questo editoriale qualcosina voglio dirla io. Non urlarla, ci mancherebbe, mi limito a sussurrarla. Così ascolta solo chi ne ha voglia ed è abbastanza attento…

Albert Einstein diceva:

“La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.”

Ben venga la crisi, dunque! Se porta progresso, ovvio. Dopo la peste nera del 1347, oltre a 20 milioni di morti, si ebbero anche innovazioni medico/scientifiche e nuove teorie economiche. Senza parlare che in assenza di quella peste probabilmente non avremmo mai avuto il Decamerone di Boccaccio, Petrarca non sarebbe stato poi così tanto ispirato e magari non avremmo avuto la forza ed il coraggio di inseguire quella bellezza e quella voglia di rinascita che ha posto fine al Medioevo inaugurando il Rinascimento.

Per non parlare della peste del 1665 che, tra i tanti, costrinse un 23enne piuttosto sveglio di nome Isaac a stare in quarantena. Quella stessa quarantena che gli permise di scoprire la gravità e la luce (ancora grazie Newton…). Lungi da me dire “evviva c’è la Peste” attenzione, non mi permetterei mai nella vita di elogiare virus naturali che uccidono milioni di persone innocenti. Dico semplicemente che il passato ci insegna che questi Cigni Neri possono essere gli unici motivi validi che abbiamo ciclicamente per porre fine in maniera definitiva a comportamenti sbagliati, atteggiamenti nocivi per l’umanità e, soprattutto, a sistemi tradizionali secolari ormai obsoleti e avere l’angoscia necessaria a generare coraggio di innovare. Ma innovare davvero, non per finta.

In questi giorni stiamo ritirando fuori tutte le teorie economiche degli ultimi secoli, stiamo proponendo come soluzioni ai problemi che abbiamo quelle stesse metodologie che questi problemi, indirettamente e direttamente, li hanno causati.

Oggi la situazione non è rosea. Affatto. Il danno stimato sui ricavi sarà di oltre 600 miliardi per le imprese italiane. Si stima che oltre il 10% delle aziende andrà incontro al fallimento e che il PIL italiano ne risentirebbe con un crollo clamoroso per il 2020: -6% / -10%, mentre per Goldman Sachs, che ha aggiornato in questi giorni le sue stime, l’Europa rischierebbe addirittura un -40% (sì 40, lo 0 non mi è scappato…) di calo del PIL nel secondo trimestre del 2020. Una primissima reazione messa in campo dalla BCE, dopo i tanti attacchi, è stata il lancio del Quantitative Easing da 750 miliardi. Accolto con notevole favore dai più, il QE è realmente una misura utile a far ripartire un’economia in pieno collasso? O forse è l’unico strumento a disposizione in quel momento?

Abbiamo capito che gli Eurobond probabilmente non si faranno mai dato che Germania, Olanda e paesi “ricchi” non vogliono accollarsi il debito dei più instabili, ma allora il punto è un altro, cosa significa EUROPA? Che senso ha? Ciò che più sta emergendo grazie a questa crisi è proprio l’infondatezza di questa Unione Europea di cui è inutile parlare se nessuno ha la volontà di convergere prima verso un’Unione Monetaria Europea. Facile essere europei quando si guadagna, si influenzano mercati e commercio e si raccoglie consenso, ancor più facile porre veti o fare muro quando si devono affrontare oneri comunitari e gestire crisi che andrebbero distribuite tra tutti i Paesi membri. Il paradosso è spiegato bene in un recente articolo del Sole24Ore:

In un momento di crisi, come quello odierno, si moltiplicano le lamentele nei confronti dell’Unione Europea, colpevole di non essere abbastanza presente e di erogare aiuti inferiori alle aspettative: ma quali dovrebbero essere le nostre aspettative?

Proprio a questo riguardo, negli ultimi anni, si è parlato di una nuova trilogia impossibile, riguardante proprio l’unione monetaria:

L’assenza di co-responsabilità del debito pubblico tra paesi europei: ogni paese dell’unione europea è responsabile soltanto del proprio debito, sono dunque vietati i trasferimenti fiscali tra stati;

L’impossibilità della BCE di stampare moneta per finanziare il debito pubblico dei singoli stati, ruolo svolto dalle banche centrali degli stati dotati di valuta propria. La BCE non può dunque acquistare titoli di stato dei paesi membri sul mercato primario, allo scopo di evitare un’inflazione eccessiva e l’esposizione asimmetrica al default di un singolo stato;

L’esistenza di un cappio mortale tra banche e stati: le banche sono fortemente esposte al debito pubblico del proprio paese e gli stati stessi, per evitare gravi danni all’economia, sono costretti ad intervenire per salvare le banche, aumentando il debito pubblico.

Molte sono le soluzioni proposte per risolvere queste criticità, tra cui la creazione dell’unione fiscale, tramite l’ampliamento del bilancio europeo, in modo che contenga le imposte pagate dai cittadini europei, poi trasferite ai paesi membri. Tuttavia nessun paese è favorevole a un assetto così configurato, che toglierebbe agli stati gran parte della loro sovranità in campo fiscale. Non potendo quindi operare direttamente sul piano fiscale, l’Unione Europea, ha posto in essere iniziative in grado di rispondere, almeno in parte, alle necessità espresse dai vari stati, controbilanciando spesso i propri interventi con l’imposizione di politiche di austerità.

Tra le iniziative più note, vi è il Quantitative Easing, introdotto da Mario Draghi. Tramite l’acquisto di titoli di stato dal mercato secondario, la BCE aumenta la moneta in circolazione, immettendo liquidità nel sistema e ottenendo contemporaneamente una diminuzione dei tassi di interesse.

La necessità di fornire aiuti economici a famiglie e imprese costrette a non lavorare in questo momento difficile, pone gli stati europei a manifestare un bisogno di liquidità. Pertanto, la BCE guidata da Christine Lagarde si è impegnata ad acquistare 750 miliardi di euro in titoli di stato per tutto il 2020, facendo anche cadere il limite del 33% agli acquisti delle emissioni di ogni paese, rendendo più efficace la sua azione. Inoltre, è stato sospeso il patto di stabilità, per consentire agli stati membri di sforare il tetto del 3% del rapporto deficit/PIL.

Tutto molto “bello”, ma a che serve stampare miliardi virtuali che solo in piccolissima percentuale arriveranno davvero nelle tasche del consumatore? Non solo stiamo dimostrando che possiamo stampare soldi infiniti incrementando il debito pubblico dei nostri figli, ma che lo possiamo fare solo se quei soldi servono al mondo finanziario, mentre ancora ci scandalizziamo se qualcuno prova anche solo a parlare di Helicopter Money.

No, il Quantitative Easing non serve a nulla in questo periodo storico. Creare moneta a debito e iniettarla nel sistema finanziario per promuovere prestiti non significa automaticamente incentivare la crescita ed i consumi. Gli hotel, i ristoranti, gli artigiani, nessuno di loro riapre se la loro banca proporrà loro dei prestiti. E la banca probabilmente userà la gran parte di quel denaro virtuale per depositarlo presso la stessa banca centrale a tassi bassissimi e proteggersi da ogni rischio.

Questa pseudo liquidità concessa dal QE può funzionare un minimo soltanto se avremo mai le palle di sostenerla con politiche fiscali efficaci: tagli delle tasse, ridimensionamento della spesa pubblica che sta affossando il nostro debito (a tal proposito, per avere due punti di vista differenti, vi invito anche a leggere questo articolo dell’esperto Cristian Palusci che al contrario sostiene che ci sia bisogno di un’esasperazione della spesa pubblica per rendere utili misure come il Quantitative Easing) e, soprattutto, lungimiranti ristrutturazioni economiche che rilancino settori strategici e innovativi a medio/lungo termine, dopo aver riformato l’istruzione ancora troppo concentrata su teorie già fallite e lavori pratici che stanno scomparendo.

E allora, dato che ogni critica che si rispetti ha senso ed è utile solo se seguita da una proposta, stavolta visto che siamo in crisi e vale tutto, una proposta indecente ma innovativa proviamo a farla: BTD, Buoni del Tesoro Decentralizzati. (Ovvio, decentralizzati proprio non sarebbero, però nel nome ci stava meglio “decentralizzati” che “in blockchain” e BTD è più bello come acronimo). La similitudine è con i cugini più stretti, i BTP (Buoni del Tesoro Poliennale). Certificati di debito con scadenza a medio/lungo termine emessi dallo Stato prevedendo un rendimento. L’investitore riceve dunque un interesse (convenzionalmente semestrale) fissato al momento dell’emissione, mentre alla scadenza riceverà una somma pari al valore nominale del titolo acquistato. Il titolo può essere sia acquistato al momento dell’emissione sia scambiato in un secondo momento sul mercato secondario (MOT).

Ciò che immagino io (sempre per gioco, si intende eh!) sarebbe la creazione di un buono del tesoro sottoforma di Token digitale (BTD appunto) che possa essere acquistato da ogni singolo cittadino italiano (utilizzando come identificativo il proprio codice fiscale), in tagli minimi da €1.000,00 con scadenza a X anni e rendimento fisso condizionale. Che significa rendimento fisso condizionale? Che ogni cittadino/imprenditore che decida di aiutare il proprio Paese acquistando questi bond, può scegliere se usarli per pagare imposte future, così facendo avrebbe un rendimento sugli stessi fisso al 2%. In caso decidesse di usare questi BTD in qualsiasi altra maniera (non per pagare imposte dunque) il rendimento sarebbe dell’1,3%.

Le vendite non avverrebbero tramite asta né tramite banche o intermediari finanziari. I BTD verrebbero venduti direttamente al cittadino, senza obbligo di intermediari, sfruttando la tecnologia blockchain per garantire sicurezza, evitare il double spending e, soprattutto, avere certezza di solvibilità grazie agli smart contract programmabili sulla rete blockchain stessa. Una sorta di Smart Bond per garantire liquidità immediata alla nostra Italia, senza bisogno di andare a supplicare il resto d’Europa né il rischio di dover ricorrere ad un comunque improbabile e disperato bail-in sui nostri risparmi.

Così anche il piccolo risparmiatore (siamo il Paese con più risparmiatori…) avrebbe la possibilità di partecipare ad una rinascita e contribuire con il suo investimento. Le imprese (soprattutto quelle più tecnologiche) avrebbero un’alternativa con buoni interessi e rischio basso, rispetto al deposito bancario. Lo Stato, in un secondo step, potrebbe addirittura pagare alcuni dei debiti verso le aziende attraverso i BTD stessi, provocando così un’enorme iniezione di liquidità a costo 0 (non creando neanche nuovo debito ma trasferendolo dalle aziende al certificato).

I PRO di uno strumento simile:

  • Liquidità immediata per lo Stato che può così affrontare meglio l’emergenza;
  • Disincentivo all’evasione fiscale;
  • Disintermediazione bancaria (meno tempo, meno costi);
  • Il cittadino onesto che ha sempre pagato le tasse, ora può continuare a pagarle guadagnandoci un 2% di interesse sopra;
  • Titoli liquidi e facili da scambiare anche entro la scadenza e senza intermediari;
  • No double spending;
  • Smart contract e blockchain renderebbero sicure e tracciate le operazioni;
  • Molte aziende sull’orlo del fallimento potrebbero veder saldati i crediti che hanno con lo Stato;
  • L’Italia sarebbe d’esempio nel resto del mondo per aver usato tecnologie emergenti per risollevare l’economia.

Prima di leggere i vostri “se vabbè, non si può fare”, ecco alcuni esempi di chi, sottovoce, negli ultimi mesi sta già facendo esperimenti simili:

1) Banca Popolare Cinese: a dicembre 2019, la PBOC ha emesso 20 miliardi di yuan (2,8 miliardi di dollari) sotto forma di obbligazioni basate su blockchain per poter garantire liquidità e finanziare lo sviluppo di piccole e medie imprese. L’operazione ha avuto un grande successo ed è solo una delle tante operazioni simili che la Cina sta attuando. Si stima che entro il 2023 il tasso di crescita annuale dello sviluppo di progetti finanziari in blockchain in Cina sarà del 65% circa ed il fatturato di applicazioni basate su tecnologia blockchain supererà i 2 miliardi di dollari;

2) Banca Mondiale: ad Agosto 2018, la WB ha emesso il primo bond al mondo mediante blockchain di Ethereum, sostenendo che la tecnologia blockchain possa avere un ruolo chiave per rendere più efficiente e sicuro questo tipo di processo e ridurre il numero ed il costo degli intermediari. Il bond è classificato come “Bond-I” (Blockchain Offered New Debt Instrument). Ad Agosto 2019 ha aumentato l’emissione di questi bond coinvolgendo anche altre banche come ad esempio la Commonwealth Bank of Australia, ciò significa che l’esperimento è piaciuto;

3) Banco Santander: a Settembre 2019, BS ha sfruttato la tecnologia blockchain non solo per la procedura di emissione di un bond, ma anche per la sua custodia, un primo passo fondamentale verso un mercato secondario potenziale per asset tokenizzati (la conversione dei diritti di un bene in un token digitale registrato su blockchain).

Questi sono solo alcuni esempi di successo recenti, senza citare i tantissimi altri tra cui: Bank of Korea, Berkeley, Bahamas, ecc.

Questo articolo non è per l’attuale classe politica, sia chiaro. È per quella che verrà dopo, che sarà nata dopo il 1990, parlerà la lingua della sua generazione e, forse, quel giorno il gap con la generazione passata sarà talmente incolmabile da accendere la miccia di una rivoluzione coraggiosa ed innovativa. Quel Rinascimento (fintecnologico) che questo Paese da troppo tempo aspetta.

Male che va, ci penseremo alla prossima peste.

 

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