Nella giornata di mercoledì 14 marzo, Google ha annunciato che a partire da giugno vieterà agli inserzionisti di pubblicare annunci relativi alle criptovalute sulla piattaforma pubblicitaria AdWords, seguendo le orme di Facebook, che fece lo stesso lo scorso gennaio.
L'obiettivo di tale divieto, secondo il direttore di Google Ads Scott Spencer, sarebbe quello di proteggere il pubblico del gigante della ricerca da "contenuti ingannevoli" pubblicati da persone senza scrupoli che usano le criptovalute, così come altri tipi di offerte, per truffare le persone online. Spencer scrive:
"Man mano che le tendenze dei consumatori si evolvono, i nostri metodi per proteggere l'open web migliorano, così come le truffe online. Migliorare l'esperienza pubblicitaria sul web, rimuovendo quelli dannosi o intrusivi, continuerà a essere la nostra priorità".
Alcuni punti del discorso di Spencer, come "proteggere l'open web" e "migliorare l'esperienza pubblicitaria", possono sembrare promettenti in superficie. Ma solo uno sguardo un po' più da vicino alla nuova politica pubblicitaria di Google espone ciò che sembra essere una contraddizione di tutto ciò che la compagnia rappresenta, o almeno rappresentava.
No alle criptovalute
In quella che può essere descritta solo come una sorprendente mancanza di riguardo, Google ha messo le "Initial Coin Offering" e i "consigli di trading" sullo stesso piano delle "opzioni binarie", nel descrivere i tipi di contenuti che non sarà più possibile pubblicizzare tramite AdWords da giugno in poi.
Alcuni potrebbero obiettare che vietare gli annunci ICO sia una cosa sensata: dopo tutto, questo modello di raccolta fondi era diventato uno strumento facile e abbastanza popolare per truffare investitori ignari.
Tuttavia, Google ha anche in programma di bannare gli "exchange di criptovalute" e i "wallet di criptovalute", due tipi di attività che sono esistite fin dal principio del Bitcoin nel 2009 e la maggior parte delle quali fornisce valore reale ai propri clienti e contribuisce alla crescita della criptovaluta come industria.
Senza dichiararlo esplicitamente, la nuova politica pubblicitaria implica anche il ban delle cosiddette piattaforme Blockchain, ossia le società che in qualche modo integrano la tecnologia Blockchain; le criptovalute sono quasi sempre parte integrante degli ecosistemi delle piattaforme Blockchain, contrariamente a quanto potrebbero far pensare alcuni opinionisti.
Questi, ad esempio, includerebbero il servizio Ethereum Blockchain di Microsoft offerto sulla sua piattaforma Azure o l'Hyperledger Fabric di IBM che, tra le altre cose, consente agli utenti di effettuare transazioni di asset digitali (criptovalute).
Ironia della sorte, con le nuove norme diverse società in cui ha investito la stessa Google andrebbero incontro a problemi pubblicitari, come Storj, finanziata dalla criptovaluta nativa della società (SJCX), o Veem, che non usa nient'altro che Bitcoin come veicolo per le sue rimesse.
Anche Blockchain.info, uno dei migliori wallet Bitcoin, nel quale Alphabet Inc. ha investito tramite GV (precedentemente Google Ventures), ora ha la garanzia di essere limitato da AdWords a causa del divieto di pubblicità di "wallet di criptovalute", sempre che Google stessa non intenda violare le proprie politiche.
Dall'innovazione alla censura
E forse lo farà. Che cosa potrebbe fermare un'azienda che ricorre ad un bispensiero orwelliano quando descrive AdWords come "un ecosistema pubblicitario che funziona per tutti" e un attimo dopo impedisce alle aziende legittime di usarlo, e sostiene di proteggere "l'open web" istituendo quella che può essere definita come una censura mirata?
Con una così vasta gamma di imprese potenzialmente interessate, questo ban generalizzato di "tutte le cose che hanno a che fare con le criptovalute" ricorda più un governo autoritario e luddista che sceglie di mettere al bando una tecnologia che non capisce, né si cura di capire, più che una società ha permesso ad un modo di pensare innovativo di trasformarla da una startup di garage in un gigante tecnologico che gestisce il motore di ricerca più popolare del pianeta in ben meno di 10 anni.
Una delle pratiche di gestione più famose di Google è la sua "regola del 20%": almeno in passato, l'azienda consentiva ai suoi dipendenti di dedicare il 20% del tempo di lavoro effettivo a progetti secondari senza supervisione o linee guida rigorose. A quanto pare, questa licenza di creare senza censura sotto forma di supervisione aziendale ha prodotto molte innovazioni per Google News, Gmail e AdSense, alcuni dei principali servizi di Google.
In questi giorni, tuttavia, la società è impegnata a negare un ovvio cambiamento della sua politica pubblicitaria nei confronti delle imprese di criptovalute, e alla censura di pistole ad acqua e del vino della Borgogna dalla sua piattaforma commerciale.
Nessuno ha idea di cosa sia successo. Forse, Google si sente soddisfatta di essersi posizionata al vertice della catena alimentare e ha deciso che non ha più bisogno di sostenere i propri ideali. O forse non pensa che l'industria delle criptovalute e delle Blockchain sia abbastanza importante da passare il tempo a separare il grano dalla lolla.
La cosa più importante per le persone che capiscono che non tutto ciò che ha che fare con le "criptovalute" è una truffa è capire che la tecnologia Blockchain è stata pensata proprio per evitare le censure esercitate da un'autorità centrale. E probabilmente anche Google lo capirà un giorno.
Al momento, Cointelegraph è in attesa di commenti dagli esperti del settore delle criptovalute che rischiano di essere influenzati dalle nuove norme di Google. Questo articolo verrà aggiornato non appena riceveremo le loro dichiarazioni.