La società italiana Coinbar, il cui exchange di criptovalute sarà lanciato ufficialmente a breve, è pronta ad emettere, per "la prima volta al mondo", strumenti finanziari partecipativi tokenizzati. Ne abbiamo discusso con Giorgio Mazzoli, noto avvocato italiano attivo nel settore della blockchain, che ha affiancato il team di Coinbar in questa particolare operazione.

CT. Il progetto Coinbar è stato presentato come il primo caso al mondo in cui una società abbia emesso strumenti finanziari partecipativi tokenizzati. Qual è la differenza rispetto alle ICO con emissione di security token?

GM. La differenza fondamentale, da cui poi derivano una serie di conseguenze giuridiche molto rilevanti, sta nel fatto che in tutte le ICO che sono state effettuate al livello globale si è semplicemente provveduto all’emissione di token ed alla loro vendita agli investitori, a seconda dei casi mediante offerta pubblica o privata. È invece generalmente mancato qualunque riferimento che consentisse di definire in via anticipata ed in modo chiaro quali fossero effettivamente gli obblighi dell’emittente nei confronti degli investitori, quali diritti questi ultimi potessero vantare ed in che modo ed entro che limiti tali diritti potessero essere poi concretamente esercitati. Da qui i pessimi esempi di ICO in cui, a seguito della raccolta di capitali anche ingenti, l’emittente non ha poi dato nemmeno alcun seguito al proprio progetto, lasciando gli investitori però privi, nella sostanza, di alcuno strumento effettivo di tutela.

CT. In che modo hanno inciso su questa realtà gli interventi delle autorità di molti paesi, dalla SEC americana alla FINMA Svizzera?

GM. Direi che, sino alla presa di posizione della SEC sulla nota vicenda The DAO, le operazione di emissione e vendita dei token sono avvenute senza che nessuno abbia mai preventivamente dato soluzione al problema di quali implicazioni giuridiche avessero, il che ha determinato una situazione generale di incertezza sulla stessa qualificazione giuridica dei token e, quindi, sulla disciplina concretamente applicabile al rapporto tra emittente ed investitori. Da qui i successivi interventi di numerose autorità chiamate a vigilare sui mercati finanziari di tanti ordinamenti, le quali hanno nel tempo chiarito come i token possano senza dubbio anche assumere la natura di strumenti o prodotti finanziari. In questi casi, come è noto, la relativa emissione e vendita dovrebbe essere effettuata nel rispetto di determinati limiti e principi che toccano la regole in materia di sollecitazione del pubblico risparmio e secondo specifiche modalità. Queste prevedono, oltre certe soglie, la necessità di pubblicare un prospetto informativo approvato dall’autorità. Il tutto pena l’applicazione di sanzioni anche di natura penale. Nessuna autorità ha però indicato se ed entro che limiti gli strumenti finanziari già previsti dai diversi sistemi normativi possano essere effettivamente emessi in forma “tokenizzata” e quindi circolare tramite la tecnologia Bitcoin. A questa problematica Coinlex ha dato una risposta positiva facendo leva sugli spazi che la legge italiana lascia all’autonomia privata in tema di emissione di strumenti finanziari ad opera di una società di capitali. Ovviamente ci siamo avvalsi del Notaio più esperto nel settore di cui devo riconoscere, oltre alle grandi competenze, anche un interesse raro e sincero verso l’innovazione, a partire ovviamente dall’ambito giuridico.

CT. E quali sono, dunque, i vantaggi di questa soluzione?

GM. Grazie a questa diversa impostazione, direi rovesciata rispetto all’approccio tradizionale, una società come Coinbar potrà ora emettere e vendere strumenti finanziari partecipativi tokenizzati, che quindi potranno circolare mediante una semplice transazione su blockchain, e raccogliere importanti risorse finanziarie, nel caso specifico mediante una vendita riservata ad un gruppo ristretto di investitori, da destinare alla realizzazione di un determinato progetto imprenditoriale. Il tutto secondo un modello legale chiaro, ben definito e certo, il quale fa sì che: da un lato, l’emittente possa offrire agli investitori una tutela ben maggiore; dall’altro, questi ultimi abbiano certezza sui propri diritti, su come poterli esercitare e sugli strumenti di tutela in caso di inadempienza o violazioni dell’emittente.

CT. Quindi un’operazione pienamente conforme alla normativa vigente?

GM. Esatto. Anzitutto un quadro giuridico certo a garanzia di tutti i soggetti coinvolti nell’operazione, con la conseguente eliminazione del rischio che il rapporto tra emittente ed investitori sia poi un domani ricostruito secondo schemi legali che mal si conciliano o che siano addirittura del tutto incompatibili con le peculiari caratteristiche della blockchain. A questi aspetti se ne aggiungono ovviamente anche altri: su tutti il fatto di aver aperto la strada alla possibilità per le imprese, non solo per le start-up, di raccogliere le risorse necessarie per lo sviluppo di un’iniziativa imprenditoriale con nuove modalità operative, alla luce del sole, senza correre il rischio di interventi sanzionatori connessi alla violazione delle norme che regolano l’emissione e la vendita di strumenti finanziari. Tutto ciò con costi irrisori se confrontati a quelli degli altri canali disponibili per la raccolta di mezzi finanziari da terzi, come quello, ad esempio, della quotazione in mercati regolamentati. Il tutto, ovviamente, senza dare luogo all’indebitamento dell’impresa visto che le risorse raccolte dall’emittente tramite la vendita dei token costituiranno capitale di rischio.

CT. Ritiene che il modello possa quindi essere replicato in futuro?

GM. Senza alcun dubbio. Come Coinlex abbiamo già avviato la valutazione di altri progetti e siamo certi che a breve avremo occasione di applicare il medesimo modello giuridico anche ad altre realtà. L’aspetto più interessante tuttavia riguarda il possibile coinvolgimento nelle operazioni di emissione di intermediari finanziari abilitati al collocamento pubblico. Si tratterebbe di uno strumento molto interessante attraverso il quale gli intermediari finanziari potrebbero agevolare la raccolta di capitali per investimenti in ambito imprenditoriale, il che peraltro costituisce la vera missione degli stessi intermediari finanziari, cioè fare da ponte tra i risparmiatori e le imprese. Il tutto senza alcuna reale necessità di attendere riforme normative e secondo un quadro giuridico già riconosciuto. Se poi consideriamo le aperture che alcune autorità hanno manifestato anche rispetto alla possibilità che i security token emessi in operazioni di ICO siano scambiati su un mercato regolamentato ovviamente gestito da un soggetto abilitato, si comprende bene come in prospettiva si possano aprire spazi importanti per il finanziamento di nuovi progetti imprenditoriali e dare liquidità agli investimenti dei risparmiatori.

CT. Ci può fornire una stima dei tempi necessari per arrivare all’emissione ed alla vendita di strumenti finanziari partecipativi tokenizzati che le imprese interessate dovrebbero considerare?

GM. Tutto dipende, ovviamente, dalle caratteristiche della singola operazione, fermo restando l’applicazione del modello legale descritto. Si può andare da un minimo di tre mesi a periodi, dinanzi ad operazioni particolarmente complesse, anche di un anno. Nel nostro intendimento è fondamentale la trasparenza e la corretta informazione. Gli investimenti in ambito imprenditoriale possono ovviamente anche avere risultati ben diversi da quelli attesi o addirittura fallimentari, ed è sempre bene ricordarlo a chi intende investire i propri risparmi. L’importante è che, per quanto possibile, gli investitori siano sempre adeguatamente informati. Per questo esigiamo l’elaborazione di un white paper che contenga una descrizione dettagliata dell’iniziativa imprenditoriale che si vuole perseguire, con indicazioni specifiche sul modello di business ed un’analisi dei dati del mercato di riferimento. Inoltre è per legge necessaria la redazione di un piano economico finanziario che però, in aggiunta, esigiamo venga preventivamente asseverato da un revisore dei conti indipendente che, pur senza valutare il merito dell’iniziativa, garantisca la coerenza interna del piano economico finanziario, così confermando che le risorse da dedicare al singolo progetto siano adeguate agli obiettivi che ci si è prefissi di raggiungere.