Lunedì, il conglomerato di applicazioni sociali di Facebook, tra cui Instagram, WhatsApp, Messenger e il suo visore di realtà virtuale Oculus, ha subito un grave blackout, mettendo ko le piattaforme per un totale di sei ore e coinvolgendo miliardi di utenti e aziende in tutto il mondo.
L’incidente è stato segnalato inizialmente intorno alle 17:16 del 4 ottobre, quando un’ondata di reclami è emersa online da utenti in tutto il mondo che non riuscivano ad accedere alle loro piattaforme di social networking preferite.
Una post-analisi di Cloudflare sulla crisi ha concluso che Facebook “ha interrotto la trasmissione di collegamenti ai loro prefissi DNS,” con il risultato che “i server DNS della piattaforma non erano disponibili.”
Anche se alcuni commenti sospettano un hack o una manipolazione dopo la recente storia di un whistleblower, le prove per supportare queste teorie non sono state rivelate ufficialmente.
In un blog post ufficiale pubblicato martedì, Facebook ha delineato i sospetti sulla causa del blackout:
“I nostri team tecnici hanno scoperto che modifiche alla configurazione sui nostri router principali che coordinano il traffico di rete tra i nostri datacenter hanno causato problemi, interrompendo questa comunicazione.”
In seguito al guasto di marzo 2019, durato 24 ore, Facebook aveva citato un simile problema legato a una “modifica della configurazione dei server.”
Nel comunicato sul recente incidente, il colosso dei social media ha spiegato:
“Vogliamo chiarire che al momento crediamo che la causa principale di questo guasto sia stata una modifica difettosa della configurazione. Inoltre, non abbiamo prove che i dati degli utenti siano stati compromessi come risultato di questa interruzione.”
Il sogno decentralizzato di Jack Dorsey
Mentre Facebook scivola sotto gli occhi di tutti, l’appello della comunità crypto per social network decentralizzati e aperti si diffonde su Twitter.
Uno standard decentralizzato per i social media è un’iniziativa importante per il CEO di Twitter, Jack Dorsey, come ha dichiarato in un tweet del 2019 e ripetuto nuovamente pochi mesi fa.
“Il motivo per cui ho così a cuore Bitcoin è soprattutto per il modello che dimostra: una tecnologia internet fondamentale non controllata o influenzata da nessun singolo individuo o entità. Questo è ciò che internet vuole essere, e nel tempo sarà sempre di più.
Stiamo cercando di fare la nostra parte finanziando un’iniziativa su uno standard aperto decentralizzato per i social media. Il nostro obiettivo è essere un client di questo standard per il livello di conversazione pubblico di internet. Lo chiamiamo bluesky.”
We are trying to do our part by funding an initiative around an open decentralized standard for social media. Our goal is to be a client of that standard for the public conversation layer of the internet. We call it @bluesky: https://t.co/51or6OuNNv
— jack⚡️ (@jack) January 14, 2021
Apparentemente in risposta agli sforzi di Dorsey, il CEO del protocollo di prestito DeFi Aave, Stani Kulechov, ha espresso piani ambiziosi per lanciare un rivale di Twitter sviluppato su Ethereum verso la fine dell’anno, twittando: “Dato che Jack vuole costruire Aave su Bitcoin, Aave dovrebbe costruire Twitter su Ethereum.”
Il tallone d’Achille dei giganti social
Negli ultimi anni, l’afflusso di preoccupazioni morali legate a violazioni della privacy, raccolta di dati, censura e notizie false hanno promosso la conversazione per un rinnovamento delle piattaforme social media che dominano la nostra democrazia.
La prevalenza e gravità di questi problemi ha persino iniziato ad allontanare utenti consapevoli dai colossi centralizzati Facebook, YouTube e Twitter, a favore di alternative più libere.
La rapida crescita delle criptovalute e della tecnologia blockchain, e in particolare delle sue funzionalità native di decentralizzazione, trasparenza e attenzione per la community, ha reso possibile l’ascesa di queste iniziative di nuova generazione.
Rappresentando il Web 3.0, le piattaforme del futuro promettono di offrire un modello di interazione digitale più equo e inclusivo, riallineando i valori dello spazio sociale per incoraggiare libertà di espressione, tutela dell’utente e governance autonoma.
Subsocial è una piattaforma aperta per social network e marketplace decentralizzati sviluppata su Polkadot e usando IPFS. Mira a fornire agli utenti la completa sovranità dei dati, restituendo loro il controllo sui dati sensibili, contenuti e fonti di reddito per agevolare la crescita di comunità eque, aperte e indipendenti.
Utilizzando funzioni centrali come spazi e post, gli utenti possono adottare un approccio “fai da te” alla creazione delle proprie versioni decentralizzate delle applicazioni social più popolari che usiamo oggi, come Medium, Twitter, Reddit, Instagram, Patreon, ecc.
Riconoscendo i difetti ben documentati dei suoi predecessori, gli utenti di Subsocial ricevono una completa licenza creativa per tutta l’esperienza, beneficiando di “news feed e notifiche personalizzate, reputazione trasparente, ricerca full-text, formati contenuti ricchi, senza sacrificare la SEO.”
Come indicato nel light paper del progetto, il network è più di una semplice “piattaforma di blogging con pagamenti crypto.” È “finanza sociale dove i social media incontrano la DeFi.”
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Cointelegraph ha parlato con due partecipanti attivi nell’ecosistema decentralizzato che mira a creare modelli basati sul Web 3.0 per offrire alternative all’attuale esperienza tecnologica.
Il fondatore del motore di ricerca decentralizzato Presearch, Colin Pape, ha sottolineato l’importanza della proprietà nella sfera sociale:
“Il Web 3.0 deve superare i problemi che causano questo blackout: la centralizzazione. Adottare invece un approccio decentralizzato che restituisce il potere nelle mani degli utenti e li incentiva a contribuire a mantenere un mondo digitale più sicuro, protetto e soprattutto online quando ne hai bisogno.”
Ed DeLeon, CEO dell’organizzazione autonoma decentralizzata (DAO) Anatha, ha parlato a proposito del potenziale impatto che le DAO potrebbero avere in questo settore:
“I social network di proprietà sociale sembrano una delle mosse più ovvie che possiamo fare per impedire che questo avvenga di nuovo. Gli strumenti tecnologici necessari per creare piattaforme media socialmente responsabili, di proprietà sociale e socialmente utili sono già disponibili, in particolare le Organizzazioni Autonome Decentralizzate (DAO).”