Dopo il recente successo della prevendita di Petro, la criptovaluta supportata dal petrolio del Venezuela, anche i governi di Turchia e Iran sembrano interessati allo sviluppo di criptovalute nazionali.
In data 21 febbraio, il giorno successivo al lancio ufficiale di Petro, il Ministro iraniano dell'Informazione e delle Tecnologie di Comunicazione ha pubblicato un messaggio su Twitter dove spiega che la Post Bank del paese sta lavorando ad una nuova criptovaluta:
در جلسهای که با هیئت مدیره پست بانک در خصوص ارزهای دیجیتال مبتنی بر زنجیره بلوکی داشتم، مقرر شد این بانک اقدامات لازم برای پیاده سازی آزمایشی اولین ارز دیجیتالی کشور را با استفاده از ظرفیت نخبگان کشور به عمل آورد. مدل آزمایشی برای بررسی و تایید به نظام بانکی کشور ارائه خواهد شد.
— MJ Azari Jahromi (@azarijahromi) February 21, 2018
"In un incontro con il consiglio d'amministrazione della Post Bank riguardo alle criptovalute basate sulla Blockchain, [...] ho indicato delle misure per l'implementazione della prima moneta digitale in cloud del paese."
Il 22 febbraio, due giorni dopo il lancio di Petro, il portale d'informazione Al-Monitor ha riportato che, in Turchia, il vicepresidente del Partito del Movimento Nazionalista (MHP) ed il vecchio Ministro dell'Industria Ahmet Kenan Tanrikulu hanno pubblicamente annunciato di voler lanciare un "Bitcoin nazionale" chiamato "Turkoin". Il funzionamento di questa moneta viene descritto più nel dettaglio in un documento di 22 pagine riguardante la regolamentazione del mercato delle criptovalute nel paese.
L'annuncio ufficiale di Tanrikulu arriva appena due settimane dopo l'intervista del 7 febbraio alla CNN Turchia con il Primo Ministro del paese Mehmet Simse, nella quale di fece già accenno all'intenzione da parte del paese di lanciare una criptovaluta nazionale.
A novembre dello scorso anno, l'Alto Consiglio del Cyberspazio (HCC) iraniano si dichiarò favorevole nei confronti del Bitcoin, annunciando che avrebbe lavorato a stretto contatto con la Banca Centrale del paese ad un resoconto sulle criptovalute. Tuttavia, in data 21 febbraio, la medesima istituzione ha dichiarato di star lavorando ad una maniera per "controllare e prevenire" le criptovalute nel paese.
In passato la Turchia ha assunto una posizione dura nei confronti del Bitcoin (BTC) e delle altre criptovalute: a novembre dello scorso anno infatti i legislatori del Direttorato degli Affari Religiosi (Diyanet) affermarono che il trading di monete digitali "non è compatibile" con i principi dell'Islam a causa della sua natura speculativa e della mancanza di controllo governativo.
Tuttavia Tanrikulu ha spiegato ad Al-Monitor che, poiché nelle leggi del paese non esiste alcun accenno alle criptovalute, l'acquisto o la vendita di monete digitali è totalmente legale.
“L'utilizzo di criptovalute può essere considerato legale in quanto la nostra legge non contiene alcun divieto a riguardo [...] Acquistare o vendere criptovalute, oppure creare nuove monete attraverso il mining di Bitcoin, non rientrano al momento nella definizione di attività criminale della Turchia.
Il rapporto di Tanrikulu sottolinea la primaria importanza dell'implementazione in Turchia di regolamentazioni, per prevenire riciclaggio di denaro e frodi: la creazione di una "Borsa Bitcoin" controllata dal governo è una maniera di raggiungere questo scopo.
Il Petro del Venezuela viene considerato da molti critici come un mero tentativo da parte del paese di evitare le sanzioni imposte da Stati Uniti e Unione Europea. Al momento anche l'Iran sta affrontando dure sanzioni internazionali.
Tuttavia il Petro non è la prima criptovaluta nazionale al mondo: nell'ottobre del 2017 infatti il governo locale di Dubai lanciò emCash, mentre nello stesso anno anche Kazakistan, Giappone ed Estonia menzionarono la possibilità di lanciare una moneta digitale supportata ufficialmente dallo stato.