"Le svalutazioni di solito avvengono in modo brusco durante le crisi del debito." Questa frase, tratta dal libro di Ray Dalio "The Changing World Order", oggi suona quasi profetica. Scritta nel 2021, è ancor più rilevante nel 2025: gli Stati Uniti potrebbero proprio essere sull’orlo di una crisi di questo tipo.

I numeri parlano chiaro. Nel 2024, il deficit di bilancio statunitense ha superato la soglia dei 6.000 miliardi di dollari, mentre Elon Musk, ex capo del Department of Government Efficiency (DOGE), è riuscito a tagliare la spesa federale di appena 180 miliardi: cifra ben lontana dai 2.000 miliardi promessi. Intanto i tassi d'interesse restano bloccati al 4,5%, con la Federal Reserve in allarme per l’impatto che la guerra commerciale sta avendo sull’inflazione. Inoltre, il rendimento dei Treasury a 10 anni rimane fermo sopra il 4,35%.

La realtà è innegabile: la spirale del debito americano si sta aggravando. E il possibile catalizzatore di questa crisi, dopo aver superato la Camera il 22 maggio, è ora in attesa di approvazione al Senato.

La "Big Beautiful Bill" farà esplodere il deficit statunitense

Dall'inizio di maggio, la "Big Beautiful Bill" sta dominando il dibattito politico. Con le sue 1.100 pagine, il disegno di legge riunisce alcune delle politiche più controverse dei Repubblicani: la proroga dei tagli fiscali del 2017, l’abolizione degli incentivi per l’energia verde voluti da Biden e criteri più severi per accedere a Medicaid e SNAP. Ma non finisce qui: il testo prevede anche un giro di vite sull’immigrazione e un innalzamento del tetto del debito di 5.000 miliardi di dollari.

Secondo il Congressional Budget Office (CBO), entro dieci anni il provvedimento taglierebbe le entrate federali di 3.670 miliardi, riducendo la spesa pubblica di appena 1.250 miliardi. Risultato? Un buco netto di 2.400 miliardi che si aggiungerebbe all’enorme debito pubblico, già vicino ai 37.000 miliardi. Un’analisi del Committee for a Responsible Federal Budget è ancora più allarmante: calcolando gli interessi, il costo reale potrebbe lievitare a 3.000 miliardi, o addirittura 5.000 miliardi se i tagli fiscali diventassero permanenti.

Debito federale statunitense. Fonte: St. Louis Fed

C’è chi sostiene che i tagli fiscali stimolino la crescita economica e che "si ripaghino da soli". Peccato che i dati smentiscano questa teoria: i tagli del 2017, nonostante un breve slancio economico, hanno fatto esplodere il deficit federale di 1.900 miliardi in un decennio.

Ma al di là dei numeri, il problema è più profondo. Come ha detto il senatore repubblicano Ron Johnson:

"Il calcolo del CBO è una distrazione. Discutiamo di rametti e foglie mentre la foresta va a fuoco."

La spirale del debito sta soffocando l’economia statunitense, e al momento nessuno ha un piano serio per arginare questo disastro.

Il problema del debito non si risolverà con la crescita economica

Alcuni sostengono che l'economia degli Stati Uniti possa risolvere il problema semplicemente continuando a crescere. Ma come ha osservato Sina, co-fondatore di 21st Capital, su X:

"Per superare questo debito senza tagli alla spesa o aumenti delle tasse, gli USA avrebbero bisogno di una crescita reale del PIL di almeno il 20% annuo per un decennio."

Ma il primo trimestre del 2025 ha registrato una crescita reale del PIL del -0,3%, e la Federal Reserve statunitense stima una crescita del 3,8% nel secondo trimestre del 2025.

Crescita del GDP statunitense. Fonte: US Bureau of Economic Analysis

Come ha scritto l'economista di Harvard Kenneth Rogoff sul Financial Times, si prevede che i deficit supereranno il 7% del PIL per il resto del mandato di Trump. E questo senza considerare potenziali eventi inaspettati. In altre parole, l’unica crescita plausibile oggi è quella nominale.

Nel suo libro, Ray Dalio ha delineato i quattro strumenti che i governi hanno a disposizione durante una crisi del debito: austerità, default, redistribuzione e stampa di moneta. I primi tre sono dolorosi e politicamente costosi. Il quarto, stampa di moneta e svalutazione, è di gran lunga il più probabile: è subdolo, può essere spacciato per "stimolo economico", e scarica il costo su risparmiatori e detentori di obbligazioni.

Dalio scrive:

"La maggior parte delle persone non presta abbastanza attenzione ai rischi valutari. La gente si preoccupa se i propri asset salgono o scendono, ma raramente si chiede se la propria valuta stia perdendo valore."

"Not your keys, not your coins"

È qui che entra in scena il Bitcoin: non come strumento speculativo, ma come polizza assicurativa contro la crisi del debito statunitense.

Se (o quando) gli Stati Uniti opteranno per la svalutazione monetaria per ridurre il debito, Treasury e contanti vedranno il loro valore reale erodersi. Inoltre, tassi d'interesse artificialmente compressi e acquisti forzati di titoli da parte delle istituzioni potrebbero spingere i rendimenti reali sempre più in negativo.

Bitcoin è progettato per resistere a questo scenario. Grazie alla sua offerta fissa e all’indipendenza dalle politiche monetarie governative, la criptovaluta offre ciò che le valute fiat non possono: un rifugio sicuro dalla repressione finanziaria e dalla svalutazione. Come sottolineato dagli analisti di Bitwise, scarsità e resilienza rendono il Bitcoin un asset unico, destinato a beneficiare dell’instabilità fiscale.

In tempi di crisi, però, non tutte le esposizioni al Bitcoin sono uguali. Se il governo giustificherà misure repressive in nome della "stabilità economica", ETF e servizi di custodia potrebbero non onorare i riscatti. L’unica vera protezione? Auto-custodia, cold storage e controllo totale delle chiavi private.

Rogoff ha detto chiaramente:

"La politica fiscale statunitense è fuori controllo, e nessuno dei due partiti sembra intenzionato a sistemarla prima che esploda una crisi maggiore."

Oggi, con un Congresso repubblicano che approva ogni proposta di Trump, le probabilità che il Big Beautiful Bill diventi legge sono alte. E con esse, cresce il rischio di una crisi del debito su vasta scala. In questo scenario, gli asset in auto-custodia diventeranno più cruciali che mai.