Secondo un rapporto del 14 aprile pubblicato dal crypto market maker Wintermute, Bitcoin starebbe dimostrando una crescente capacità di resilienza nei confronti dei contraccolpi macroeconomici se paragonato ai mercati finanziari tradizionali.
Il rapporto rileva che Bitcoin (BTC) ha retto relativamente bene durante la crisi di mercato in corso, persino quando l'S&P 500 e il Nasdaq sono scesi ai livelli più bassi dell'ultimo anno e i rendimenti obbligazionari hanno raggiunto i massimi mai visti dal 2007.
“Il deprezzamento di Bitcoin è risultato relativamente modesto, tornando ai livelli di prezzo del periodo delle elezioni americane”, afferma il market maker.
Stando a Wintermute, “ciò segna un notevole scostamento dal suo storico andamento in situazioni di crisi”. In passato, le perdite registrate da Bitcoin erano notevolmente superiori a quelle degli indici finanziari tradizionali. Il cambiamento evidenzia la “sempre maggiore resilienza di Bitcoin in un contesto di turbolenze macroeconomiche”.
Nel frattempo, secondo Alex Obchakevich, fondatore di Obchakevich Research, si tratterebbe di una tendenza temporanea:
“Con l'intensificarsi della guerra commerciale, Bitcoin potrebbe tornare nella lista degli asset ad alto rischio. Questo perché gli investitori probabilmente si rifugeranno nell'oro.”
Obchakevich sostiene che i fattori che hanno determinato la stabilità di Bitcoin sono stati il crescente interesse istituzionale attraverso gli exchange-traded fund (ETF) e la promozione di Bitcoin come oro digitale grazie alla sua decentralizzazione e indipendenza.
Svolta nella dinamica del mercato di Bitcoin
Nell'ultima settimana, il prezzo di Bitcoin è aumentato del 7% raggiungendo quota 83.700 dollari, per poi attestarsi a quasi 86.000 dollari al momento della stesura. Tale crescita è avvenuta in concomitanza con l'aumento del 2,4% su base annua dell'indice dei prezzi al consumo (CPI) e con un declino su base mensile dello 0,1%, il primo decremento mensile da maggio 2020. Ciò sta a indicare che l'inflazione sta rallentando.
Variazione percentuale del CPI su base annua. Fonte: US Bureau of Labor Statistics
Inoltre, a marzo l'indice dei prezzi alla produzione (PPI) è aumentato del 2,7% su base annua. A febbraio, lo stesso indicatore era pari al 3,2%, mostrando anch'esso segni di pressioni deflazionistiche. Ciononostante, secondo Wintermute, la tendenza potrebbe presto invertirsi:
“Nonostante i progressi verso l'obiettivo di inflazione del 2% della Fed, la recente escalation delle tensioni commerciali globali avrebbe introdotto nuovi potenziali rischi inflazionistici, che non si riflettono ancora nei dati di marzo.”
Variazione percentuale mensile del PPI. Fonte: US Bureau of Labor Statistics
Previste ulteriori turbolenze di mercato
Jeff Park, analista di Bitwise, ha recentemente sostenuto che le politiche commerciali del presidente degli Stati Uniti Donald Trump provocheranno turbolenze macroeconomiche a livello mondiale e crisi finanziarie a breve termine, che alla fine condurranno a una maggiore adozione di Bitcoin. Secondo lui, dovremmo aspettarci un aumento dell'inflazione:
“I maggiori costi, probabilmente dovuti a un'inflazione più elevata, saranno condivisi sia dagli Stati Uniti che dai partner commerciali, ma l'impatto relativo sarà maggiore sugli stranieri. Questi paesi dovranno quindi escogitare un piano per contrastare i problemi dovuti alla debole crescita.”
Wintermute ha infine sottolineato che la guerra commerciale in corso accresce il rischio di un aumento dell'inflazione e di un rallentamento economico. Recentemente, i trader del mercato previsionale Kalshi hanno stimato al 61% le probabilità che quest'anno gli Stati Uniti entrino in recessione, mentre JPMorgan le valuta al 60%.
Traduzione a cura di Walter Rizzo