BTC.com, un'importante mining pool gestita da BIT Mining e controllata da 500.com, ha annunciato il trasferimento in Kazakistan del suo primo lotto di macchine per il mining.

BTC.com è stata fondata da Jihan Wu, ed è stata gestita da Bitmain e Bitdeer fino alla sua acquisizione da parte di 500.com a febbraio di quest'anno. Attualmente si tratta della quinta mining pool più grande al mondo: convalida il 10,4% di tutti i blocchi presenti sulla blockchain di Bitcoin (BTC).

La compagnia ha deciso di trasferire la propria attività dopo aver ricevuto un avviso dalla rete statale nella provincia occidentale del Sichuan, secondo cui l'alimentazione dei suoi data center sarebbe stata sospesa a breve.

Nel suo annuncio, BIT Mining ha spiegato:

"Il 19 giugno 2021, la controllata indiretta della società, Ganzi Changhe Hydropower Consumption Service Co. Ltd. [...] ha ricevuto una notifica [...] dalla State Grid Sichuan Ganzi Electric Power Co., Ltd. [...], informando il Ganzi Changhe Data Center che la sua alimentazione sarebbe stata interrotta a partire dalle 21:00 dello stesso giorno, ora di Pechino.

Da allora il Ganzi Changhe Data Center ha sospeso le sue operazioni. I data center nel Sichuan, incluso il Ganzi Changhe Data Center, hanno contribuito al 3% dei ricavi complessivi dell'azienda nel mese di maggio 2021."

Da qualche mese a questa parte la Cina sta attivamente tentando di reprimere il mining di Bitcoin, nel tentativo di ridurre le emissioni di carbonio del Paese e raggiungere così gli obiettivi di decarbonizzazione fissati precedentemente dal governo.

In regioni come la Mongolia Interna, un tempo popolare tra i miner di criptovalute, le autorità regionali hanno persino istituito una speciale linea telefonica tramite la quale i cittadini possono segnalare eventuali attività di mining illecite. A causa di questo clima ostile, tre grandi mining farm cinesi — BTC.TOP, Huobi e HashCow — hanno recentemente cessato le proprie attività nel territorio.

Xianfeng Yang, CEO di BIT Mining, ha espresso la volontà di ridurre al minimo le emissioni:

"La nostra società è impegnata a proteggere l'ambiente e a ridurre la propria impronta ecologica. Abbiamo ampliato strategicamente le nostre operazioni all'estero, nell'ambito della nostra strategia di crescita. A seguito dei nostri investimenti nei data center per il mining di criptovalute in Texas e Kazakistan, stiamo accelerando lo sviluppo all'estero di risorse di mining alternative di alta qualità."

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La Cina è stata una delle prime nazioni a muoversi contro i miner di criptovalute, ma anche altre autorità in tutto il mondo hanno espresso timori per tale attività, sebbene meno per motivi climatici e più per l'impatto che questi impianti possono avere sulla rete energetica locale. A fine aprile, un ex funzionario del Kirghizistan ha affermato che il mining di criptovalute è stato uno dei principali motivi della crisi energetica. Affermazioni simili sono stati rilasciate anche nel Caucaso e in Iran.

Oltre alla Cina, ai regolatori globali e alle associazioni no-profit, quest'anno pure Elon Musk ha accentuato le pressioni ribassiste su Bitcoin annunciando che Tesla avrebbe smesso di accettare Bitcoin come forma di pagamento per l'acquisto dei propri veicoli.