In questa sede illustreremo il caso in cui, appurata la giacenza media di criptovalute in nostro possesso (51.645,69€ per 7 giorni consecutivi), ne scaturiscano plusvalenze da tassare (o minusvalenze da dedurre). Vi invitiamo per una migliore comprensione a dare una lettura ai nostri precedenti contributi sul tema tasse e criptovalute:

Criptovalute nelle dichiarazioni dei redditi: vanno sempre dichiarate? (Obbligatorietà compilazione quadro RW dichiarazione dei redditi)

Acquisto criptovalute da privato: cosa sapere per essere in regola con il fisco (Tipi di reddito che generano le criptovalute)

Devo pagare le tasse sulle criptovalute? (Elenco dei requisiti rispettati i quali non occorre pagare tasse sulle criptovalute)

Tasse criptovalute: l’aliquota da applicare è proporzionale

Ai sensi dell’art. 68 del TUIR, per calcolare la plusvalenza da tassare occorre considerare la differenza tra due fattori. Il primo è il corrispettivo percepito dalla cessione della criptovaluta; il secondo è il costo di acquisto. Il corrispettivo percepito è pari agli euro incassati in seguito alla vendita di criptovalute e deve essere ridotto di ogni onere inerente, come le commissioni applicate dall’exchange per l’operazione. Il costo di acquisto delle criptovalute vendute è invece leggermente più complesso da calcolare. Occorre infatti considerare diversi aspetti:

  • innanzitutto deve essere documentato dal contribuente;
  • si considera in prima battuta il totale di euro necessari per acquistare le criptovalute poi cedute;
  • tale valore deve essere aumentato di ogni onere inerente. Rientrano ad esempio le commissioni bancarie per il trasferimento di fondi verso l’exchange e le commissioni applicate dall’exchange per l’operazione di acquisto;
  • nel caso in cui il contribuente non sia in grado di documentare il costo di acquisto “in quanto il sito dove li ha acquistati è stato chiuso, […] il contribuente può determinare il costo di acquisto come costo medio derivante dal bonifico effettuato diviso per il numero di Bitcoin acquistati” (interpello n. 956-39/2018 della Dre Lombardia);
  • nel caso di acquisto per successione, ha valenza quello dichiarato ai fini dell’imposta di successione;
  • nel caso di acquisto per donazione si assume come costo il costo del donante;
  • si considerano cedute per prime le valute virtuali acquisite in data più recente. Ad esempio: compro 1 BTC in data 1° giugno (costo 30) e un altro in data 30 ottobre (costo 40); in data 15 novembre vendo uno dei miei due BTC incassando 50. A prescindere da ulteriori oneri, il quantum sul quale andrò a calcolare la plusvalenza ammonta a 10 (50 – 40 = 10).
    Sulle plusvalenza così determinata (10), se imponibile per superamento della predetta giacenza, sarà dovuta l’imposta sostitutiva dell’Irpef con aliquota del 26% (nel nostro caso 2,6), da liquidare in dichiarazione dei redditi e versare con F24.

Tasse criptovalute e derivati

Nel paragrafo e negli articoli precedenti abbiamo considerato le cosiddette “cessioni a pronti” di criptovalute, che si distingue dalla cessione a termine. Per cessione a termine si intende la cessione isolata in cui la valuta non è precedentemente acquistata ed è ancora da acquistare. La caratteristica delle cessioni a termine consiste nel fatto che la normativa non prevede alcun tipo di franchigia. Ne consegue che non occorre valutare se nell’anno di riferimento è stata superata o meno la soglia di 51.645,69€, in quanto qualsiasi plusvalenza o minusvalenza concorrerà al proprio reddito imponibile.

Anche per i derivati non sussiste alcun limite minimo al di sotto del quale si è esenti da tassazione sulle plusvalenze. Per derivati su “valute virtuali” si intendono i contratti a termine che determinano un obbligo di acquistare o cedere valute estere (risoluzione n. 67/E del 2010). Ebbene, anche sulle plusvalenze derivanti da tali tipi di contratti è dovuta l’imposta sostitutiva dell’Irpef in misura pari al 26%. Senza considerare alcuna franchigia (art. 68 comma 8 del Tuir).

Cessione criptovalute e minusvalenze

Abbiamo chiarito come le tasse sulle criptovalute si sostanzino in un’aliquota del 26% sulle plusvalenze realizzate nell’anno. Ma qualora il corrispettivo incassato risulti inferiore al costo di acquisto? In altre parole, quando subisco una minusvalenza? Le eventuali minusvalenze realizzate andranno ad abbattere eventuali plusvalenze ottenute da altre criptovalute.

Ricapitolando: le cessioni a pronti fiscalmente rilevanti, le cessioni a termine e i derivati sono tassati al 26% se producono plusvalenze. Qualora invece sorgessero delle minusvalenze, queste ultime:

  • possono essere scomputate da eventuali plusvalenze realizzate su altre criptovalute;
  • se le minusvalenze eccedono le plusvalenze possono essere riportate negli esercizi successivi. In pratica contribuiranno a diminuire il reddito imponibile (e quindi le tasse sulle criptovalute) negli esercizi futuri ma non oltre il quarto; a condizione che siano indicate “nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate.
Giammarco Brega (Studio Brega) è un Dottore Commercialista e Revisore Legale classe 1988. Si occupa di consulenza fiscale e finanziaria, business planning e finanza agevolata.
Nel 2015 ha costituito insieme ad un amico la CB Digital Company Srl, una società che si occupa di social media marketing, con un duplice obiettivo: affiancare brand multinazionali nello sviluppo di strategie di comunicazione e favorire la digitalizzazione delle PMI.
Ama discutere di innovazione: da qualche anno a questa parte la tecnologia blockchain e le dinamiche della token economy sono diventate la sua passione, e favorirne l’impiego da parte delle PMI uno dei suoi obiettivi.