Le riserve di criptovalute delle aziende hanno superato i 100 miliardi di dollari, destando preoccupazioni tra gli analisti secondo cui gli Stati Uniti potrebbero un giorno nazionalizzare alcune di tali riserve tramite iniziative analoghe a quelle adottate durante l'era del gold standard.

Le riserve aziendali in criptovalute hanno superato il valore di 100 miliardi di dollari, con le società che detengono Bitcoin (BTC) che hanno accumulato 791.662 BTC, per un valore di circa 95 miliardi di dollaria fine luglio, pari a circa il 3,98% dell'offerta circolante.

La crescente partecipazione delle aziende potrebbe rappresentare un nuovo punto di vulnerabilità centralizzato per Bitcoin, che potrebbe vedere la prima criptovaluta al mondo seguire lo stesso “percorso di nazionalizzazione” dell'oro osservato nel 1971, stando all'analista crypto Willy Woo.

“Se il dollaro statunitense dovesse indebolirsi strutturalmente e la Cina dovesse entrare in gioco, sarebbe plausibile che gli Stati Uniti proponessero un'offerta a tutte le società di tesoreria e centralizzassero il tutto in forma digitale, piuttosto che creare un nuovo gold standard”, ha affermato Woo durante una tavola rotonda al Baltic Honeybadger 2025, aggiungendo:

“Si potrebbe quindi ripetere quanto accaduto nel 1971. E tutto sarebbe centralizzato attorno a Bitcoin. L'intera storia si ripeterebbe dall'inizio.”
Da sinistra a destra: Willy Woo, Preston Pysh, Max Kei, durante il panel “La fase istituzionale di Bitcoin: cavallo di Troia o punto di svolta?” al Batlic Honeybadger 2025. Fonte: Cointelegraph

Nel 1971, il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon pose fine al sistema di Bretton Woods, sospendendo la convertibilità del dollaro in oro e abbandonando il tasso fisso di 35 dollari per oncia, ponendo di fatto fine al gold standard.

Woo ha sottolineato che l'adozione istituzionale è tuttora una fase fondamentale affinché Bitcoin possa sostituire il dollaro statunitense, superare l'oro e diventare un nuovo standard monetario. “Ciò non accadrà fintanto che i grandi detentori del capitale non apriranno le porte a Bitcoin e non inizieranno a investire denaro”, ha affermato.

Fonte: Chris Kuiper 

Le osservazioni avanzate dall'analista giungono in un momento di accelerazione dell'adozione istituzionale, a due settimane dal superamento della soglia dei 1.000 BTC in bilancio da parte di 35 società quotate in borsa, come riportato da Cointelegraph il 25 luglio.

Secondo Preston Pysh, co-fondatore dell'Investors Podcast Network e del fondo di venture capital Ego Death Capital, gli sforzi di nazionalizzazione potrebbero anche prendere di mira le whale di Bitcoin.

“Prenderanno i Bitcoin perché avranno un depositario istituzionale che non vuole finire in prigione”, ha spiegato, aggiungendo che i primi obiettivi potrebbero essere proprio “entità private che possiedono molti Bitcoin”.

Enorme potenziale di rialzo nonostante i rischi

Nonostante i timori di nazionalizzazione, la crescente adozione da parte delle aziende potrebbe rappresentare un'opportunità di mercato potenziale pari a 100.000 miliardi di dollari.

Woo ribadisce come Bitcoin sia già un asset da 2.000 miliardi di dollari a soli 16 anni dalla sua nascita, sottolineando che “abbiamo ancora un potenziale di crescita pari a 100 volte il valore attuale e che probabilmente ci vorranno decenni per raggiungerlo”.

La proiezione di Woo è in linea con le previsioni precedenti di Adam Back, co-fondatore e CEO di Blockstream, che ha descritto Bitcoin come un'opportunità di mercato da 200.000 miliardi di dollari a lungo termine.

“Un'iperbitcoinizzazione sostenibile e scalabile da 100-200.000 miliardi di dollari. Abbastanza scalabile da consentire alla maggior parte delle grandi società quotate in borsa di passare alla tesoreria in BTC”, illustrava Back in un post del 26 aprile.

L'iperbitcoinizzazione fa riferimento al futuro teorico in cui Bitcoin diventa la più grande valuta globale, sostituendo il denaro fiat a causa della sua economia inflazionistica.