È la retorica stereotipata che adotta chi vuole screditare il mondo crypto. Un asso nella manica per chiunque voglia opporsi alla diffusione delle monete digitali. La tesi migliore per chi sa poco in materia, ma vuole dimostrare il contrario.

L’idea che le criptovalute siano impiegate solamente per commettere attività illecite è diventata uno strumento che i mass media sfruttano per denigrare il settore, e per molti una ragione per stare lontani da questa tecnologia. Ma oltre ad essere uno stereotipo potrebbe esserci un fondo di verità. 

È uno dei problemi principali degli stereotipi: sebbene siano parzialmente veri, costituiscono spesso una versione estremamente semplificata e talvolta distorta della realtà. È vero ad esempio che le criptovalute vengono impiegate per rendere più facile l’esecuzione di date attività criminose.

Tuttavia, è anche vero che nelle attività illecite si utilizza qualunque tipologia di valuta, sia essa crypto o fiat. Tra l’altro, le valute digitali rappresentano solo una piccola parte del denaro impiegato nel mondo del crimine. Il denaro contante rimane indubbiamente uno strumento di scambio molto più popolare. 

Ciononostante, le mancanze in termini normativi e la relativa anonimità delle transazioni ha contribuito alla cattiva reputazione delle criptovalute. Infatti, solamente nelle ultime due settimane sono stati pubblicati diversi rapporti che sottolineano l’illegalità delle criptovalute.

XRP e le attività illecite

Il 20 novembre, la società di analisi di crypto Elliptic ha pubblicato un rapporto sulle transazioni in XRP. L'azienda ha scoperto che, ad oggi, circa 400 milioni di dollari in XRP sono stati utilizzati per attività illecite: una somma equivalente ad appena lo 0,2% del volume totale di transazioni. Dunque, stando a Elliptic, si può dedurre che la stragrande maggioranza delle attività sono state di converso lecite. Ad ogni modo, 400 milioni di dollari non sono certo una cifra esigua. E questo è ancor più vero per XRP, che è stato ideato tenendo a mente l’esempio dei sistemi finanziari commerciali e istituzionali. 

Il ragionamento di Elliptic dietro alla divulgazione delle transazioni illecite di XRP era di mettere in guardia i clienti istituzionali prima che insorgesse qualsivoglia tipologia di coinvolgimento. Tom Robinson, cofondatore e ricercatore capo presso Elliptic, ha spiegato la posizione della società:

“Qualunque sistema di pagamento, in particolare quelli aperti come XRP, sarà sempre usato per attività illecite. L’importante è individuare tali attività di modo da mitigarne i danni.”

Robinson ritiene che, acclarando la presenza di tali attività criminose, la società stia contribuendo ad incrementare la fiducia degli istituti finanziari regolamentati nei confronti di asset in crypto come XRP. E ha aggiunto:

“Ora hanno accesso a strumenti che permettono loro di sapere se la piccola quantità di XRP ricevuta sia di origine illecita o meno, e di adempiere ai loro obblighi AML riferendo tali illeciti.”

Tuttavia, la società sostiene che il servizio di supporto di XRP sia ancora alla versione beta: ciò potrebbe compromettere la legittimità di quanto emerso. 

A mettere in dubbio l’efficacia dello studio condotto da Elliptic è stata Ripple stessa, la società che sta dietro il token XRP. Un portavoce di Ripple in un’intervista a Cointelegraph ha messo in dubbio l’accuratezza dei dati: 

“Senza maggiori informazioni o una metodologia chiara che Elliptic possa eventualmente condividere, è impossibile giudicare la validità del loro rapporto.”

Il portavoce di Ripple ha inoltre sostenuto che l’analisi di Elliptic avesse come fine ultimo quello di riscuotere del clamore mediatico:

“Mettiamo in dubbio la vera ragione che sta dietro quest’annuncio, dato che né il rapporto né la sua conclusione sono consultabili e che le attività considerate costituiscono solamente lo 0,2% delle transazioni di XRP. Sembra quasi una trovata per farsi pubblicità sfruttando un nome conosciuto”

Circa il modus operandi di Elliptic, Robinson non ha rivelato molto: ha solamente spiegato il metodo di base senza entrare nei dettagli, sebbene abbia fatto riferimento all’utilizzo di diverse tecniche: “Identifichiamo i wallet di crypto associati ad attività illecite, che vanno dai marketplace del dark web agli schemi Ponzi o agli attacchi hacker di exchange”.

Interrogato circa il rischio di accusare l’indirizzo sbagliato, Robinson ha sottolineato l’efficacia dei metodi impiegati da Elliptic:

“È un rischio di cui siamo ben consapevoli e che cerchiamo di scongiurare in vari modi. Ad esempio colleghiamo un indirizzo crypto a un soggetto preciso solamente se siamo in possesso di prove a supporto di tale legame.”

Che sia o meno una trovata pubblicitaria, per capire meglio le cifre menzionate è fondamentale farsi un’idea delle statistiche relative a token comparabili a XRP. A tal fine Cointelegraph si è affidata a Chainalysis.

Maddie Kennedy, direttore della comunicazione presso Chainalysis, ha osservato che, mentre la società per cui lavora sta conducendo ricerche proprie su XRP (al momento non divulgabili), le ricerche su altri token hanno evidenziato la presenza di attività illecite in una misura molto maggiore rispetto a quella riscontrata su XRP da Elliptic:

“Abbiamo preso in esame 27 diverse criptovalute e abbiamo scoperto che lo 0,4% del valore delle transazioni è stato destinato ad attività illecite. Sebbene possa sembrare una percentuale esigua, corrisponde a circa 3,8 miliardi di dollari nel periodo tra gennaio e ottobre 2019.”

Ai fini di chiarezza si noti che è lo 0,4% del volume totale di transazioni di ben 27 diverse criptovalute. Considerato che lo 0,2% del volume totale di transazioni XRP è presuntamente destinato ad attività illecite, quanto emerso dal rapporto di Elliptic è molto significativo. 

Tuttavia, questi numeri sono eclissati da quelli che la società ha riscontrato conducendo una ricerca analoga sul Bitcoin. Da tale studio è emerso che gli acquisti sul dark web rappresentano circa lo 0,5% di tutte le transazioni in BTC. Robinson ha spiegato perché ritiene che questa cifra sia maggiore per Bitcoin rispetto che per XRP.

“XRP non è una valuta liquida come BTC. XRP è più centralizzata rispetto agli altri asset crypto e probabilmente anche più legata alla finanza tradizionale. Questo potrebbe renderla meno interessante per soggetti criminali, i quali potrebbero preferire asset più decentralizzati e 'neutrali' come il Bitcoin."

Il settore sta marcendo?

Pare che l'uso nefasto delle crypto stia avendo la meglio, e che le attività criminose nel settore stiano prosperando. Secondo un recente rapporto della società CipherTrace, i crimini a sfondo crypto hanno registrato un aumento del 150% nello scorso anno. I furti di asset digitali e le condotte fraudolente hanno riguardato un totale di 4,4 miliardi di dollari, quasi tre volte tanto rispetto agli 1,7 miliardi di dollari del 2017. 

I furti di grave entità sono la principale ragione di questo incremento: i presunti schemi Ponzi come PlusToken fanno la parte del leone. Autoproclamandosi un programma di investimento ad elevato rendimento, PlusToken è l’ultimo grande progetto che si presume essere un exit scam. Il rapporto indica che sarebbe illecitamente funto da mezzo per appropriarsi di 2,9 miliardi di dollari di proprietà degli investitori. 

Un altro caso di condotta fraudolenta menzionato da CipherTrace è quello di QuadrigaCX, un exchange sito in Canada. Vi è stato uno scandalo che ha coinvolto la misteriosa morte del CEO dell’exchange e lo smarrimento della master key: sono spariti 190 milioni di dollari in criptovalute. 

E questa non è che la punta dell’iceberg. Secondo il rapporto, molti altri crimini a sfondo crypto non sono nemmeno balzati agli onori della cronaca per il loro volume relativamente esiguo rispetto a questi altri casi di portata maggiore.

L’ultimo esempio si è verificato il 27 novembre quando Lee Sirgoo, CEO dell’exchange Upbit, ha confermato un furto sulla sua piattaforma. Gli hacker sarebbero riusciti a compromettere l'hot wallet dell’exchange riuscendo così ad avere accesso a 51 milioni di dollari in Ether dai fondi degli utenti.

Per ricapitolare

È interessante notare che, sebbene i crimini a sfondo crypto aumentino in portata, l’utilizzo di criptovalute per attività illecite diminuisca. Nel 2017 uno studio dell’Università di Oxford ha scoperto che il 44% di tutte le transazioni in BTC era di natura criminosa. Di converso nel luglio 2019 il rapporto di Chainanlysis ha evidenziato che meno dell’1% delle attività del Bitcoin era illecito. 

Ciononostante, le criptovalute continuano a portare uno stigma. I loro detrattori spesso fanno congetture adducendo come argomentazioni i casi d'utilizzo di criptovalute più nefandi. Per ironia della sorte, molti di questi provocatori sono anche sostenitori delle fiat, del mercato azionario o anche dell’oro: ossia, di tutte realtà del mercato che hanno registrato attività criminose. 

Dunque, sebbene sia evidente la presenza di attività illecite all’interno del settore crypto, perché non parliamo anche delle fiat? All’inizio di quest’anno, il Ministro del Tesoro degli Stati Uniti, Steven Mnuchin, si è scagliato contro le criptovalute in ragione del fatto che vengono utilizzate per finanziare attività illecite. 

Ma la reazione di Mnuchin è stata eccessiva: ha sostenuto infatti che le valute digitali sono una minaccia alla sicurezza nazionale in quanto “le criptovalute come il Bitcoin sono state utilizzate per finanziare attività illecite per un valore di miliardi di dollari”. Tuttavia, seppur con l’intento di rafforzare lo stigma attorno alla natura criminosa delle criptovalute, Mnuchin non è riuscito a fornirne un contesto chiaro. 

Per fortuna Messari, società di ricerca sul Bitcoin, ha fatto una ricerca mettendo a confronto il reale utilizzo di Bitcoin sul dark web rispetto ai dollari riciclati. Il confronto ha evidenziato che il dollaro è stato usato per riciclare denaro 800 volte più spesso di quanto il Bitcoin sia stato impiegato sul dark web. 

In conclusione, le crypto, così come qualunque altro asset, continueranno ad essere impiegate per attività illecite. La cosa migliore che si possa fare è tracciare e monitorare le transazioni illegali per far sì che non passino inosservate: paradossalmente molto più semplice da fare con le criptovalute che con il denaro contante.